domenica 22 novembre 2015

I DIRITTI UMANI

Il Dott. Danilo Turco studia da anni il contesto dei DIRITTU UMANI, approfondendo ogni aspetto di questa importante tematica attraverso ricerche e confronti che superano certamente i confini nazionali.
In esclusiva per i Lettori del nostro sito, il Dott. Turco, ha messo a loro disposizione un suo interessante ed importante studio: che qui proponiamo integralmente e che, certamente, andrà ad impreziosire il loro bagaglio culturale.
                                                                                                               G.B.
 I DIRITTI UMANI


 

UN MOMENTO EDUCATIVO FORTE PER UN AUTENTICO SPAZIO DI LIBERTA’
   « la proclamation d’un droit à l’éducation implique, si l’on a la volonté de lui donner une signification dépassant le niveau des déclarations verbales, l’utilisation des connaissances psychologiques et sociologiques que nous avons des lois du développement mental et l’élaboration de méthodes et de techniques ajustées aux innombrables données que ces études fournissent à l’éducateur »[2]      - Jean Piaget -

1. Educazione e istruzione: una difficile distinzione
            La distinzione tra istruzione ed educazione trova nella storia del pensiero pedagogico diversi tentativi esplicativi. Dal punto di vista dei diritti umani, i dibattiti circa questa distinzione coinvolgono inevitabilmente anche l’analisi del percorso di sviluppo della normativa internazionale e l’identificazione di un orizzonte problematico in cui inquadrare il futuro del diritto all’educazione-istruzione. 
           Solitamente si pensa all’istruzione come al momento istituzionalizzato del processo educativo. Secondo Lawrence Cremin, l’educazione è “lo sforzo deliberato, sistemico e prolungato di trasmettere, stimolare o acquisire conoscenze, attitudini, valori, capacità e sensibilità, nonché ogni apprendimento che deriva da tale sforzo in modo diretto o indiretto, intenzionale o non intenzionale”[3] (Cremin, 1979). Il momento “istruttivo”[4] potrebbe essere la parte di trasmissione di conoscenze  che accade in uno specifico ambito istituzionale e che riguarda le capacità di base del comprendere e dell’esprimersi. Tale distinzione ampiamente criticata nella storia del pensiero pedagogico non trova alcun riscontro nella normativa internazionale, i cui dispositivi usano indistintamente i termini “istruzione” ed “educazione” nella traduzione del termine inglese “education[5]. Una distinzione pertanto appare ardua, si diffonde pertanto una progressiva perdita del termine “istruzione” inteso come specifico momento del diritto all’educazione.[6]
         Sarebbe più appropriato riferirsi all’educazione come a ciò che “ riguarda il processo di trasmissione di conoscenze e di definizione dei valori, e in questo senso componente fondamentale della socializzazione”[7] (Husén, 1990) e all’istruzione come “momento indistinguibile di questo processo, componente di un cammino educativo in cui il soggetto umano scopre sé stesso e il suo essere parte del mondo.”[8]
          Ciò permetterebbe un accostamento agli studi di Jean Piaget affermando che l’educazione non si esaurisce nel momento formativo, ma è essa stessa la condizione formante necessaria allo sviluppo dell’individuo, pertanto i termini di “educazione” e “istruzione”, soprattutto nell’orizzonte del riconoscimento di uno specifico diritto, possono essere utilizzati almeno come due termini strettamente correlati e collegati[9].
          In una pubblicazione dell’Unesco del 1972[10] a commento dell’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo[11], Jean Piaget affermò che “l’individuo non è in grado di acquisire le proprie strutture mentali fondamentali senza un apporto esterno che esiga un determinato ambiente sociale di formazione e che costituisca una condizione dello sviluppo”[12]. Il diritto all’essere istruito ed educato non equivale alla mera acquisizione di tecniche di scrittura, di lettura e di calcolo, al contrario è necessario rielaborarlo in un ambiente che sia esso stesso uno spazio formativo per un completo sviluppo delle capacità della  persona. Affinché una società internazionale vada oltre una mera dichiarazione di intenti puntando ad una reale tutela del diritto all’istruzione-educazione, occorre analizzare la complessa interdisciplinarietà di tutte le possibili soluzioni a cui tale problematica porta. 
2. L’educazione ai Diritti umani: principali strumenti di diritto internazionale
            Il Comitato dei diritti Umani delle Nazioni Unite - durante la sessione 1999[13], riferendosi all’articolo 13[14] dei Patti internazionali sui diritti economici, sociali e culturali - evidenziò come l’educazione sia un diritto fondamentale e propedeutico per altri diritti della persona umana, in quanto rende autonomo l’individuo e permette agli adulti e ai bambini dei ceti ai margini della società di emergere dalla povertà e di poter raggiungere una piena partecipazione alla vita della loro collettività[15]. L’adozione dell’atto costitutivo dell’Unesco[16] (1946) rappresenta una pietra miliare per il percorso di concettualizzazione del diritto all’istruzione. Tuttavia è con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948) che il diritto all’istruzione trova un preciso spazio normativo a livello internazionale. L’articolo 26[17] della Dichiarazione sancisce che ogni uomo ha il diritto all’istruzione e che l’istruzione deve essere gratuita almeno per le classi elementari e fondamentali. L’istruzione tecnica e professionale deve essere alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere accessibile a tutti sulla base del merito[18]. La prospettiva impiegata è quella della “capacitazione”[19] tecnica: ogni persona deve poter accedere liberamente alla possibilità di acquisire un sapere generale sui modi di comunicare (leggere, scrivere, calcolare) ma anche uno specifico know how rispetto allo sviluppo professionale e culturale. L’istruzione inoltre deve mirare al rafforzamento dei diritti umani e delle liberà fondamentali, favorendo l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. Pertanto si evince come, secondo l’Assemblea generale, il diritto all’istruzione vada ben oltre la mera trasmissione di saperi, essendo uno strumento per il mantenimento della pace e funzionale alla risoluzione pacifica dei conflitti.
          Il termine education ha quindi un significato complesso, dotato anche del compito di preservare i diritti umani. Il bambino, radicato ai suoi rapporti familiari, ma osservato anche come singolo soggetto di diritto, diviene il fruitore privilegiato cui riconoscere uno specifico diritto all’istruzione-educazione. L’approccio utilizzato è quello del suo “superiore interesse”[20]. Particolarmente esplicativi in merito sono: il principio 7[21] della Dichiarazione dei diritti del fanciullo (New York, 1959) e l’articolo 18[22] (sulla responsabilità genitoriale nell’educazione dei figli) e l’articolo 19[23] (sull’impegno da parte degli Stati per garantire un’istruzione obbligatoria e gratuita) della Convenzione sui diritti del fanciullo – termine giuridicamente scelto, durante i lavori di redazione della Convenzione, per indicare il minore – (New York, 1989). 
           Nel 1966[24] viene compiuto un ulteriore passo in avanti mediante l’approvazione del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. Tuttavia lo strumento che probabilmente presenta l’indicazione più chiara e operativa circa il ruolo del diritto all’istruzione-educazione nell’intero panorama della tutela dei diritti umani è la Raccomandazione dell’Unesco sull’educazione per la comprensione, la cooperazione e la pace internazionale e sull’educazione relativa ai diritti umani e alle libertà fondamentali (adottata nella XVIII sessione, 17 ottobre-23 novembre 1974)[25]. Tale raccomandazione al principio 4 elenca gli obiettivi di una vera politica dell’educazione, che devono essere considerati i principi direttivi di una politica di questo tipo. Gli obiettivi sono: una prospettiva internazionale in tutti i livelli di educazione; il rispetto verso tutti i popoli; la consapevolezza della crescente interdipendenza tra i popoli e le nazioni; le capacità di comunicazione con gli altri; la consapevolezza dei diritti e dei doveri che i popoli e le nazioni hanno gli uni con gli altri; la consapevolezza della necessità della solidarietà e della cooperazione internazionale; la volontà degli individui di contribuire a risolvere i problemi delle loro comunità, dei loro paesi e del mondo[26].
         Secondo il principio 5[27], la politica educativa deve pertanto agevolare lo sviluppo dell’individuo nelle sue forme di organizzazione sociale, coniugando l’apprendimento, la formazione, l’informazione e l’azione, l’educazione a vocazione internazionale; dovrebbe favorire un appropriato sviluppo cognitivo ed affettivo dell’individuo. La Raccomandazione segna il momento in cui sia l’aspetto informativo-trasmissorio delle politiche sull’istruzione, sia la complessità dei processi educativi incontrano un’armonica fusione atta a forgiare quello specifico diritto fondamentale dell’individuo sia ad avere la possibilità di acquisire gli standard minimi del sapere e del comunicare, sia di sviluppare la personalità e le capacità per esercitare la propria libertà. Il contenuto della Raccomandazione viene ereditato e sviluppato dalla Dichiarazione di Vienna del 1993[28] in cui il tema dell’educazione è collegato a quello della promozione della dignità umana e di una reale consapevolezza da parte degli individui dei propri diritti. 
            Nel 1993 si approda alla definizione di un diritto all’istruzione e, più generalmente all’educazione, quale perno delle politiche di tutela dei diritti umani, dove la proporzionalità dei diritti non deve esaurirsi nel momento informativo e l’istruzione non deve concludersi nel mero procedimento di comprensione degli strumenti base del pensare e del comunicare. La tutela dei diritti fondamentali, passa dalla realizzazione dell’individuo mediante la possibilità di accedere all’istruzione e di essere educato al fine di sviluppare la personalità, sperando che i “Millennium Development Goals” del 2000, ossia garantire il completamento del primo ciclo di studi elementari a tutti i bambini e a tutte le bambine del pianeta e un accesso paritario a tutti i livelli di istruzione per tutti, non restino solo dei meri propositi[29].
            In materia di diritto all’istruzione il riferimento in ambito europeo è il Protocollo addizionale n. 1[30] alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (del 1950). L’articolo 7[31] della Carta sociale europea del 1961 riserva una particolare attenzione alla definizione del rapporto tra istruzione, educazione e lavoro. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000 nell’articolo 14[32] ribadisce i principi di accessibilità, gratuità e libertà di scelta.
          Al di fuori della normativa europea la problematica dell’istruzione è presente nella Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell’Islam[33] (del 1990) in cui il diritto all’istruzione-educazione è strutturato in modo diverso vivendo in modo strettamente correlato nel rapporto “uomo-comunità-Dio”[34] dove la stessa legge coranica delimita le disposizioni individuali e dove lo Stato partecipa, come istituzione, all’obbligo della società di provvedere ai bisogni essenziali di ognuno.
          Nell’ambito regionale africano il tema del diritto all’istruzione-educazione è presente nella Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei popoli (del 1981) all’articolo 25[35]. I diritti umani trovano nell’insegnamento e nell’educazione i mezzi per realizzarsi concretamente. I processi permettono di comprendere come libertà e diritti siano concepibili solo in un sistema di obblighi e diritti corrispettivi. Questo approccio strumentale dell’educazione è presente anche nel Protocollo alla Carta Africana sui diritti dell'uomo e dei popoli sui diritti delle donne in Africa (2003) che prevede all’articolo 12[36] l’obbligo di non discriminazione da parte dello Stato in materia di istruzione di base e formazione professionale e, all’articolo 2[37], l’impegno da parte degli Stati membri di modificare i modelli culturali e comportamentali discriminatori in ambito sociale e culturale per le donne.
            In ambito americano il diritto all’istruzione è sancito nel capitolo III, articolo 26[38], del Patto di San Josè (American convention on human rights, 1969) dove la realizzazione dei diritti in campo sociale ed educativo è parallela a quella in campo economico, scientifico e culturale.
          E’ possibile notare come le tematiche del diritto all’istruzione e delle politiche educative, abbiano seguito due filoni evolutivi: il primo strettamente collegato alla tutela delle pratiche di trasmissione dei saperi fondamentali; il secondo focalizzato di più sulla strumentalità dell’educazione al fine di sviluppare quell’ambito di tutela necessario in cui inserire tutti gli altri diritti fondamentali. Pertanto è impossibile una reale scissione tra l’istruzione e l’educazione e, si tende a inserire il concetto nel contesto dello sviluppo umano e della difesa della dignità. 
3. Il capitale umano come volano per lo sviluppo
           La crescita del prodotto interno lordo, per lunghi anni è stata reputata l’unico indice di sviluppo di un Paese. Essa è sicuramente un fattore necessario e rilevante, ma non il più importante, soprattutto da solo non è sufficiente per valutare il reale sviluppo di un individuo all’interno della sua comunità. Molti altri elementi indicano la crescita e sono designati nello Human Development Index (HDI)[39] in base al quale si redige annualmente il Rapporto sullo sviluppo umano del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP). Trai i principali indicatori di questo sistema di classificazione vi sono: il tasso di alfabetizzazione adulta, quello di scolarizzazione e la speranza di vita alla nascita. Ciò evidenzia come lo sviluppo non si fondi solo sul reddito pro capite, ma anche e soprattutto sulle variabili sociali, tra le quali l’istruzione occupa un posto di particolare rilievo. Tali variabili, insieme all’aspetto culturale dominante in una comunità, possono influire su libertà che le persone reputano preziose, sull’equità di genere, sulla dimensione delle famiglie e sulla cura dei figli. Una politica di sviluppo dovrebbe valorizzare le capacità umane e le libertà, in quanto, come affermato dall’economista indiano Amartya Sen, le libertà “ non sono solo fini primari dello sviluppo, ma sono anche fra i suoi mezzi principali”[40] (Sen, 2001).
             La privazione delle libertà, soprattutto la libertà di crescere e di sviluppare le proprie capacità, non riguarda solo i Paesi in via di sviluppo. Anche all’interno delle nazioni ricche esistono gruppi di emarginati che non riescono ad accedere alle cure mediche, a un’istruzione e a un impiego remunerativo. Ciò comporta una precarietà economica e sociale che nega ad alcuni individui la capacità di decidere il proprio destino escludendoli da un’attiva partecipazione alla vita della loro collettività. Le “capabilities[41], le capacità che permettono agli individui di vivere la vita che per loro ha valore, possono essere promosse da apposite politiche pubbliche volte al un concreto e pragmatico impegno per la riduzione tra gli individui delle disuguaglianze rispetto al loro accesso al loro sviluppo. L’accesso a un’istruzione di buona qualità ha in questo approccio un ruolo fondamentale.
             Fino agli anni ’60 del secolo scorso si consideravano come fattori determinanti per la crescita solo l’occupazione, il capitale fisico e il progresso tecnico. In seguito queste variabili si sono dimostrate necessarie, ma da sole non sufficienti a spiegare la crescita di cui riuscivano a dare solo una parziale rappresentazione. Dagli anni ’60 cominciò a essere considerato un altro fattore: il capitale umano, ossia l’accumulazione delle competenze da parte delle persone. Il capitale umano ha assunto col tempo un’importanza sempre maggiore, soprattutto nella sua forma principale: il livello di istruzione. Un livello di istruzione più elevato e, quindi la crescita delle competenze e delle capacità professionali del lavoratore, è ritenuto una tappa necessaria per il progresso di una società e per un’economia più efficiente. L’istruzione infatti è ritenuta utile per la ricerca di un lavoro remunerativo. La teoria del capitale umano ha pertanto fornito anche una giustificazione economica su come l’istruzione e la formazione professionale accrescano le conoscenze, le capacità e la produttività dei lavoratori con il conseguente aumento del guadagno ottenibile. Oltre al legame tra l’istruzione come trasmissione di saperi e il suo impego strumentale, esiste anche una connessione ancora più stretta tra le politiche di sviluppo economico e l’istruzione-educazione, in cui quest’ultima non è solo parte di quei diritti realizzabili a patto che esista un certo livello di sviluppo, ma al contrario, è essa stessa il volano della crescita economica di uno Stato, del miglioramento selle sue condizioni di vita e di una effettiva tutela della dignità dell’individuo.

 4. Il summit di Dakar
            Una programmazione mondiale tesa a rendere effettiva la tutela del diritto all’istruzione iniziò nel 2000, quando a Dakar, in Senegal, vi fu la riunione del World Education Forum[42] che, seguendo il percorso tracciato in Thailandia dalla Dichiarazione mondiale di Jomtien[43] (1990) sull’educazione per tutti, ha approvato il programma di lavoro e gli obiettivi della lotta all’analfabetismo e alla mancanza di politiche educative miranti allo sviluppo completo della persona. Si ribadì che il diritto all’educazione era parte dei diritti fondamentali della persona e che la stessa educazione andava concepita come l’apprendimento delle conoscenze fondamentali per il pieno sviluppo della persona, includendo il “sapere (to know)”[44], il “saper fare (to do)”[45] e il “saper vivere insieme agli altri (to live together)”[46], al fine di sviluppare le proprie capacità, la propria personalità, le proprie predisposizioni e le proprie aspirazioni personali. Secondo il punto 6[47] del Dakar Framework education for all, “l’educazione è un diritto fondamentale e la chiave per lo sviluppo sostenibile, la pace e la stabilità tra le nazioni”[48].
          Per cercare di concretizzare questo fine sono stati istituiti specifici consigli che spaziano da una più accurata spesa pubblica a un miglioramento della formazione della classe docente, da una modifica delle politiche sanitarie a una differente organizzazione delle strutture educative, da un cambiamento delle politiche di genere fino al miglioramento delle politiche di sviluppo locale. La novità di Dakar è stata la ricerca di una omogeneizzazione delle politiche di intervento mediante lo sviluppo di una strategia univoca composta da 12 azioni[49]:
1) mobilitare un forte impegno nazionale e internazionale mediante piani di azione che incrementino gli investimenti nell’educazione;
2) promuovere politiche di intervento e strategie di sviluppo  che contrastino la povertà;
3) garantire la partecipazione della società civile nella formulazione, nell’implementazione e nel monitoraggio delle strategie di sviluppo educativo;
4) sviluppare sistemi di governo e di amministrazione basati sulla responsabilità, sulla trasparenza e sulla rendicontazione;
5) rispondere ai bisogni dei sistemi educativi colpiti da conflitti, calamità naturali e instabilità attraverso programmi educativi che sviluppino la tolleranza, la pace  e che prevengano i conflitti;
6) sviluppare strategie integrate per l’uguaglianza di genere nell’educazione ;
7) attuare programmi educativi a contrasto della pandemia di HIV/AIDS;
8) sviluppare un ambiente educativo sicuro, inclusivo e finanziato in modo appropriato per stimolare le eccellenze  nell’apprendimento;
9) rinforzare lo status, il morale e la professionalità dei docenti;
10) impiegare le nuove tecnologie per l’acquisizione  degli obiettivi di un’educazione per tutti;
11) attuare un monitoraggio continuo dei progressi raggiunti e delle strategie attuate a livello nazionale, regionale e internazionale;
12) capitalizzare i meccanismi esistenti per accelerare i progressi verso l’acquisizione di un’educazione per tutti. 
            Queste azioni rispecchiano la necessità di dare concretezza e attuabilità agli obiettivi previsti, operando un profondo cambiamento nelle politiche degli organismi internazionali, regionali e statali, riservando una particolare attenzione alle differenze geografiche (furono approvati sei specifici “regional frame work[50]), allo sviluppo di piattaforme di lavoro tra soggetti diversi tra cui ONG e le comunità locali e, all’elaborazione di progetti di sviluppo delle politiche educative. Pertanto con questo summit si riuscì ad inserire la problematica della tutela del diritto all’educazione in un quadro più complesso di sviluppo di politiche sociali, in cui gli Stati erano solo alcuni dei soggetti e dove vi potesse essere la diretta partecipazione della società civile.
            Le diverse mancanze rispetto alle aspettative del summit di Dakar non dipendono tutte alla sola mancanza di risorse economiche. Il programma è stato rallentato anche da fenomeni di corruzione, in parte dovuti all’assenza di coerenti ed efficaci politiche non solo di ambito sanitario, da una scarsa attenzione alla formazione del corpo docenti e dal lassismo nel voler risolvere il problema delle disuguaglianze di genere.
            Tuttavia, nonostante tutti i suoi limiti, il summit di Dakar segna l’inizio di un tangibile lavoro sulla complessità della tutela del diritto all’istruzione e all’educazione, che ormai è analizzato sempre di più nella sua totalità, collegandolo allo sviluppo sociale ed economico, parallelo alla lotta contro la povertà, non più separato dai problemi sanitari e principale elemento di crescita della persona umana.
5. I diritti Umani: un momento educativo forte per un autentico spazio di libertà

            Nel 1994, durante la sua quarantanovesima[51] sessione, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite affermò che l’obiettivo dei suoi programmi educativi era insegnare un idioma comune, una lingua condivisa da tutti i popoli così che tutte le persone – siano essi studenti, agricoltori, poliziotti, soldati ministri o professori – conoscendo il suo vocabolario, potessero tradurre le sue parole dei suoi principi in pratiche quotidiane. Tuttavia l’universalità dei diritti umani è più formale che sostanziale, la povertà, i conflitti, i fondamentalismi e le organizzazioni criminali rendono i diritti umani più un orizzonte irraggiungibile che un reale spazio di tutela per ogni essere umano.
            Qual è stato il percorso per la costruzione di una strategia di tutela dei diritti umani che usando il momento educativo ha trasformato l’utopia di un mondo senza violazioni in una possibilità di cambiamento? Il tragitto percorso dagli organismi internazionali si radica nell’articolo 26[52] della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, tuttavia trova il suo punto di svolta nell’articolo 33[53] della Dichiarazione di Vienna del 1993 in cui si afferma che l’educazione dovrebbe favorire la tolleranza, la pace nelle relazioni tra i popoli e gli Stati, incoraggiando lo sviluppo delle attività delle Nazioni Unite al fine di perseguire questi obiettivi. Pertanto, l’educazione ai diritti umani (formazione) e la diffusione di informazioni corrette (informazione), sia pratiche che teoriche, ricoprono un ruolo fondamentale nella promozione e nel rispetto dei diritti umani per tutti gli individui senza alcuna distinzione di sesso, etnia, credo religioso, sesso, lingua e, pertanto dovrebbe essere inserita nelle politiche per l’educazione a livello nazionale e internazionale.
           L’informazione pubblica e la formazione sono essenziali per la promozione e il raggiungimento di stabili e pacifiche relazioni tra le comunità, favorendo la mutua comprensione, la tolleranza e la pace. L’educazione ai diritti umani diventa lo strumento necessario per il cambiamento del presente al fine di creare un futuro migliore. Per tutelare realmente l’essere umano da qualsiasi forma di discriminazione o minaccia alla sua integrità e alla sua libertà, bisogna passare attraverso un momento educativo forte, in cui i diritti umani non siano solo un insieme di precetti da comunicare, ma anche un autentico spazio in cui la persona umana possa essere sé stessa, scrivendo la sua storia e incontrando l’altro in piena libertà. Questa è la frontiera che è stata aperta dalla Dichiarazione di Vienna del 1993, una sfida raccolta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite che nel 1994 proclamò il Decennio per l’educazione dei Diritti umani[54] (1995-2004).  L’Assemblea puntò a elaborare un piano d’azione per stabilire finalità e strumenti volti ad una reale crescita della tutela dei diritti umani mediante l’educazione. Furono stabiliti 5 obiettivi: 1) valutare le necessità e sviluppare strategie concrete; 2) sviluppare programmi di educazione ai diritti umani; 3) sviluppare l’utilizzo  degli strumenti per l’educazione ai diritti umani; 4) incrementare il ruolo dei mezzi di comunicazione; 5) promuovere la diffusione della Dichiarazione universale dei diritti umani. Il piano era incentrato sullo stimolo delle iniziative nazionali e locali e, si basava sull’idea della collaborazione tra i governi, le organizzazioni internazionali, le ONG, le associazioni professionali e tutta la società civile in generale. Il Decennio per l’educazione ai diritti umani fu un momento rilevante per il dibattito e la necessaria comparazione tra modelli  diversi che attraverso il passaggio educativo cercano  di sviluppare strategie di tutela globale dei diritti umani.
            Questo orizzonte comparativo del Decennio apriva alla cooperazione tra soggetti profondamente diversi e con scelte pratiche che divergevano molto tra loro. Le ONG scelsero un approccio incentrato sul cambiamento sociale: l’educazione ai diritti umani come strumento per un futuro migliore e, ponendo enfasi sul ruolo delle vittime, per rivendicare i propri diritti. Il problema in parte ancora aperto di definire cosa si intenda di preciso per educazione ai diritti umani, significa operare una precisa scelta strategica per raggiungere la tutela globale dei diritti.
          L’educazione ai diritti umani comprende la conoscenza dei diritti, dei valori e dei comportamenti, ma soprattutto le azioni per promuovere e difendere i diritti. Emerge così la nuova frontiera dei Diritti umani che si ritrovano nell’affermazione del valore indiscutibile della dignità umana che passa per il momento educativo, fonte di quell’autoaffermazione dell’uomo che plasma il presente per un futuro migliore. I diritti umani hanno uno spazio di tutela solo dove gli stessi diritti possono essere promossi e diffusi, divenendo principi fondanti della formazione delle persone.  Una realtà in cui l’essere umano diviene realmente il fulcro del fenomeno giuridico e politico.
                                                              Danilo Turco  (danilo.turco@libero.it)
Riferimenti bibliografici:

HDI, Human Development Index.
http://hdr.undp.org/en/content/human-development-index-hdi
OLA, The Office of Legal Affairs (OLA) of the United Nations.
http://legal.un.org/avl/images/ha/udhr/photo%20gallery/12-large.jpg
PIAGET JEAN, Le droit à l'éducation dans le monde actuel, N. 1 COLLECTION « DROITS DE L'HOMME » Publiée par l'Organisation des Nations Unies pour l'Éducation, la Science et la Culture (UNESCO), SCIENCES ET LETTRES LIEGE, LIBRAIRIE DU RECUEIL SIREY PARIS, p. 14. http://unesdoc.unesco.org/images/0013/001392/139216fo.pdf
PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, pp. 463-495.


[1] La fonte della fotografia è il sito: “The Office of Legal Affairs (OLA) of the United Nations” http://legal.un.org/avl/images/ha/udhr/photo%20gallery/12-large.jpg
[2] JEAN PIAGET, Le droit à l'éducation dans le monde actuel, N. 1 COLLECTION « DROITS DE L'HOMME »
Publiée par l'Organisation des Nations Unies pour l'Éducation, la Science et la Culture (UNESCO), SCIENCES ET LETTRES LIEGE, LIBRAIRIE DU RECUEIL SIREY PARIS, p. 14. http://unesdoc.unesco.org/images/0013/001392/139216fo.pdf
[3] PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 463.
[4] Ibidem.
[5] Ibidem.
[6] Cfr., PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 463.
[7] PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 463.
[8] Ibidem.
[9] Cfr., PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 464.
[10] PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 464.
[11] Ibidem.
[12] Ibidem.
[13] Ivi p. 65.
[14] Ibidem.
[15] Cfr., PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 465.
[16] PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 465.
[17] Ibidem.
[18] Cfr., PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 465.
[19] PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 465.
[20] PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 468.
[21] Ibidem.
[22] Ibidem.
[23] Ibidem.
[24] Ivi, p. 469.
[25] Ibidem.
[26] Cfr., PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 469.
[27] PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 469.
[28] Ivi, p. 470.
[29] Ivi, p. 472.
[30] Ivi, p. 473.
[31] Ibidem.
[32] Ibidem.
[33] Ibidem.
[34] Ivi, p. 475.
[35] Ibidem.
[36] Ibidem.
[37] Ibidem.
[38] Ibidem.
[40] PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 478.
[41] Ibidem.
[42] Ivi, p. 479.
[43] Ibidem.
[44] Ibidem.
[45] Ibidem.
[46] Ibidem.
[47] Ivi, p. 481.
[48] Ibidem.
[49] Cfr., PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 482.
[50] PRATESI S., Istruzione, educazione e sviluppo, in Diritti Umani Cultura dei diritti e dignità della persona nell’epoca della globalizzazione. Direzione scientifica di Marcello Flores, Atlante I | I soggetti e i temi, Utet 2007, p. 482.
[51] Ivi, p. 486.
[52] Ibidem.
[53] Ibidem.
[54] Ivi, p. 487.


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