martedì 25 giugno 2013

NELSON MANDELA: UN INNO ALLA LIBERTA'


Rolihlahla Nelson Mandela, Madiba del clan Xhosa, sembra allontanarsi sempre più da quei fardelli terreni che per tantissimi anni hanno gravato su di lui.

Quando il Cielo lo chiamerà a sé, quando passerà oltre, potrà avere la Consapevolezza piena di quella Pace e di quella Libertà che furono i Suoi obiettivi più grandi, e che segnarono la Sua migliore attività a favore delle Genti che, non solo nel Suo Paese, ambivano a raggiungere quei diritti che sono alla base di ogni Nazione veramente evoluta.

Ci uniamo alle preghiere di chi vuole allontanare questo momento, augurandoci che il Grande Mandela possa riprendersi; ma siamo anche consapevoli che l'affetto di quanti lo stimano e lo possano amare come Uomo e come Statista, non intende scambiare tali sentimenti con l'eccesso di vani sforzi terapeutici.

Lo ricordiamo in modo vivido, raggiante tra una moltitudine festante, quando venne eletto Presidente del Sudafrica nel corso delle prime elezioni multirazziali del 1994. Primo Presidente dopo la fine dell'apartheid: un cambiamento epocale per quella Nazione, coltivato insieme al Presidente Frederick W. de Klerk, e per il quale la comunità internazionale ebbe a premiarli nel 1993 con l'ambito Premio Nobel per la Pace.

Molti i libri che oggi ci rendono testimonianza della Sua azione anti-segregazionista, molti – ne sono certo – quelli che saranno scritti negli anni a venire: per descrivere ancor meglio, e con maggiori particolari, la qualità del Suo grande impegno.

Per rendergli omaggio, richiamerò una brevissima ma intensa frase tratta dal Suo “Lungo cammino verso la libertà”: “Non c'é nessuna strada facile per la libertà”.

Una frase che ci deve far riflettere, una frase che per noi europei alle prese con una gravissima crisi di valori, ancor prima che economica e sociale, dovrebbe suonare come importante monito.

Non ci sono cose ovvie, nella vita: tanto meno i concetti e i valori insiti in questa semplice e difficilissima (da concretizzare, appieno) parola: LIBERTA'!

La LIBERTA' così difficilmente conquistabile, spesso in modo cruento, sempre a costo di grandi sacrifici.

La LIBERTA' di cui sovente si dimentica la grandissima importanza, il grande valore, scambiandola ed equivocandola con altre forme surrettizie create da chi – proprio attraverso parole per noi “sacre”, quali LIBERTA' e DEMOCRAZIA – in realtà ne mortifica significato e valori per piegarli ad interessi squisitamente di parte.

Per chi ogni giorno si muove nell'ambito di una libertà più o meno reale e completa, sembra che ciò sia perfettamente naturale, ovvio; in realtà non è così, poiché la LIBERTA' va presidiata e difesa, giorno dopo giorno, liberandola da quelle piante parassitarie che si abbarbicano con tenacia al suo tronco, alle sue chiome: per trarne la linfa vitale e sostituendola con elementi tossici,

Ognuno di noi, attraverso la pratica dei propri DOVERI ancor prima che con l'esercizio dei propri DIRITTI, deve difendere la LIBERTA'; sarà il modo migliore per rendere omaggio al Grande Mandela e a quanti, con Lui e come Lui, hanno combattuto . e combatteranno - per farla trionfare sulle tenebre imposte da chi divide gli Uomini: discriminandoli, umiliandoli, tentando di piegarne le volontà.

Un Popolo unito che sappia esprimere il valore della LIBERTA' può superare ogni ostacolo, e ambire – altresì – a conquiste sociali, politiche ed economiche, di tutto rilievo e di lungo respiro.
 
Roma, 25 Giugno 2013                                            Giuseppe Bellantonio


sabato 8 giugno 2013

CHI VIVE A ROMA, COSA DOVRA' ASPETTARSI ?...


... DOVRA' FORSE FARE LE VALIGIE E LASCIARE LA CITTA' ?

Il titolo di questo mio scritto intende essere provocatorio, così da stimolare quell'attenzione che l'importante rinnovo dell'Amministrazione Comunale di Roma merita, come pure per suscitare delle riflessioni che non possono non tenere conto del difficilissimo contesto socio-economico nazionale e non.

I manifesti elettorali che recano i sintetici slogan dei candidati a Sindaco, ammiccano sornioni un po' dappertutto, mentre fioccano i messaggi di propaganda sui mezzi di comunicazione: incrementati da interviste rilasciate ora da questo, ora da quello.

Colpisce il raffinato utilizzo di parole atte ad evocare “visioni” rivoluzionarie e ribelli, idonee a scrollarsi di dosso tiranniche presenze ed oppressivi amministratori, così tentando di suscitare un moto repulsivo nel corpo elettorale – si potrebbe dire, con chi adopera tale linguaggio: un sano rigetto – che si dovrebbe affrancare dall'infausta presenza degli amministratori uscenti.

Parole come “liberiamoci” o concetti come “liberiamo Roma”, fioccano copiosi: ad indicare esplicitamente la strada da seguire.

Parole, parole elettorali, mi si dirà.

Vero, e se è vero che “in amore e in guerra” tutto é lecito, questa sorta di “mobilitazione” a fini “liberatori” ha un senso se le parole vengono rapportate allo stretto ambito della contesa politica.

Quindi: parole utilizzate quale “strumento” più o meno momentaneo/temporaneo e pertanto “strumentali” al raggiungimento, attraverso il loro disinvolto ma non certo casuale impiego, di un preciso obiettivo.

Pervenire alla vittoria di un determinato candidato, che a sua volta è “parte” in quanto referente/esponente di una determinata coalizione politica, che a sua volta rappresenta una serie di “intenti” politici che possiamo ben definire “obiettivi” - tattici e strategici - prefissati da aggregazioni politiche e partitiche che perseguono finalità “di parte” e conseguentemente “particolari”: cioè specifiche, esclusive, e peculiari quanto caratteristiche di questo o quel partito.

Premetto di non credere – oggi, nell'anno 2013 dell'era moderna e con tutto ciò che è venuto a galla, in Italia e nel mondo - che possa esservi qualcuno che possa arrogarsi in Italia la patente di “casto e puro” ovvero di rappresentante e custode unico dei valori e del retaggio insiti nella “liberazione” dell'Italia dal nazi-fascismo: specie se a sbandierare questi concetti – comunque importanti, nella storia d'Italia – sia gente che non ha preparazione e cultura storica né memoria politica di come si svolsero realmente i fatti dell'epoca - anche per i demeriti culturali cui é pervenuta una scuola che “sorvola” e “non tratta” un periodo non certo banale della vita della Nazione -. Spesso chi parla si riferisce a fatti e circostanze mai approfondite, fatte proprie con una sorte di copia-incolla dove il proprio cervello é stato temporaneamente disattivato: le parole pronunciate, quindi, sono in questo caso pronunciate solo in modo “utilitaristico”, ossia per trarre benefici da siffatto modo di agire attirando l'attenzione di chi ascolta su temi particolari circa i quali la sensibilità è scontata. Toccando quindi sempre le stesse “corde” si ottiene una ipersensibilizzazione – ormai “cronicizzata” - su certi temi, come pure si evita di entrare nel merito di tematiche e problematiche più ampie, limitandosi ad enunciati dove il protagonista è... il solito Remo (provvede-remo, fa-remo, modifiche-remo, ecc.).

Al lemma “liberare” il Vocabolario Devoto-Oli della Lingua Italiana, recita “indica il conferimento o la restituzione della libertà (l.gli schiavi, l. dall'oppressione dei tiranni), estensibile al concetto di sottrazione da una situazione di dannosa e pericolosa dipendenza (l.l'animo dal timore), da una costrizione (l. il prigioniero dai ceppi), da una necessità contingente (l. da un impegno). Lo stesso Vocabolario, circa l'uso del verbo in senso riflessivo, specifica “indica la conquista o la riconquista di una posizione normale o privilegiata in seguito al definitivo allontanamento di quanto costituisce motivo di oppressione o impedimento (liberarsi dagli avversari, dalla superstizione, dai rimorsi)”.

Motivi per cui, chi ci invita a “liberarci” sorridendo sornione dal manifesto o tentando di allettarci con altri tipi di comunicazione, in realtà vuole dire: liberatevi dagli altri che si candidano, dando a me la vostra preferenza, così che io e chi mi sostiene possiamo prendere il loro posto (in caso di richiesta di riconferma) ovvero possiamo essere eletti alla guida dell'Amministrazione di Roma Capitale.

Quindi i romani si dovrebbero “liberare” non nel senso letterale del termine, ossia in modo definitivo: dovrebbero invece favorire una parte a riconquistare una posizione privilegiata, allontanando così attraverso il voto quanto può costituire per ciò motivo di impedimento.

E ancora: “liberarsi” di chi qualcosa ha pur fatto per far tornare ad amministrare la stessa parte che in passato ha accumulato debiti colossali. Mi sembra una strana “liberazione”.

Cambiare per cambiare?

Per carità! Ma mi sembra che ai romani si chieda questo: senza peraltro fornire un dettaglio credibile di ciò che si ripromettono di fare i “liberatori”, coloro che si prefiggono di fare “resistenza”. In questo caso, l'unica cosa certa è un sicuro spoiling di cariche e incarichi pregressi, così da sostituire con gente “nuova” (ma fino a che punto tale termine potrà essere calzante alla realtà?) chi c'era in precedenza: questa anomalia è purtroppo ormai radicata in Italia. Non si scelgono i “migliori” in assoluto - in termini di professionalità, efficienza e capacità – per ricoprire incarichi che richiedono le migliori doti manageriali, ma si scelgono i soggetti appartenenti o vicini alla propria area politica: con tutto ciò che ne consegue. Ciò prefigura alti costi e tempo perso per adattare le gestioni alla volontà/interessi dei “liberatori”.

E Roma, i romani, non possono affrontare costi, altri costi ed altri costi ancora. Questi presunti “nuovi” - che sono gli stessi “vecchi” che hanno portato le casse comunali ad una paurosa voragine – con quale ardire si presentano, sperando nella corta, cortissima memoria dell'elettorato?

Il “nuovo”, il “cambiamento”: ma ci si é resi conto che ogni volta che appare all'orizzonte un nuovo guru che, nella sua veste candida, suona il suo piffero magico ad un elettorato (in cerca di salvatori ma...) impreparato, altro non si ottiene se non una frammentazione/dispersione di elettori, con un voto pressoché inutile, come è avvenuto con altro movimento nel corso delle ultime elezioni politiche.

I romani vogliono veramente che ad amministrarli sia qualcuno che viene da lontano, non é romano, tutto ignora di come gestire politicamente ed amministrativamente una città grande e complessa come è Roma?

Si sono chiesti dove fosse costui quando Roma ed i romani affrontavano i problemi? Come mai quando stava comodamente all'estero non gli interessava ciò che ora sembra stargli tanto a cuore? Che interesse reale abbia costui a fare il politico in Italia dopo tanti anni di assenza dorata dall'Italia, e come mai si senta tanto portato verso Roma piuttosto che non Milano o Catania o Venezia o Napoli o Abbiategrasso o Roccaraso o Enna?

Si sono chiesti quali interessi personali di costui possano coincidere con quelli della comunità romana, visto il suo impegno per amministrare la Città?

Si sono chiesti se, votando questi “liberatori” si voglia che tutta Roma sia pervasa dal nomadismo econosca un crescente e inarrestabile degrado, tale da far crollare – in primo luogo – il valore degli immobili e la qualità della nostra vita?

Vogliono veramente che – visto che è reclamato come “un diritto”, esercitato attraverso il sistema delle “occupazioni” e con l'appoggio e la complicità di precise parti politiche – le case siano “occupate” piuttosto che non prese regolarmente in affitto o, come ha fatto molta parte degli italiani, comprate con sacrificio (lavorativo e finanziario, mutuo in testa)?

Vogliono veramente che i nomadi, gli extracomunitari irregolari, abbiano ciò che gli stessi romani, e chi non ha più lavoro non hanno? Scuole, case, sussidi, assistenza? Mentre chi paga le tasse, lavora o ha lavorato una vita, non solo non ha e non ottiene, ma deve anche pagare affinché siano altri ad usufruire di questi benefici?

Vogliono veramente che il degrado dei campi nomadi per ora relegati nelle periferie, contagi a macchia d'olio tutta la città? In una città dove l'economia è al collasso e dove il commercio é allo stremo. Cosa accadrà con una maggiore dequalificazione socio-ambientale? Pensano i romani, i commercianti, che i turisti avranno piacere a muoversi in un constesto così degradato, o che invece non sia da aspettarsi un crollo verticale anche di quest'ultima risorsa di Roma?

Hanno, i romani, cosciente consapevolezza di quanto fosse degradata Roma prima dell'Amministrazione oggi uscente, che molto ha fatto – anche se c'é tantissimo ancora da fare -: in primo luogo onorando i pagamenti con i fornitori e lasciando (dopo decenni di storia capitolina) “zero” debiti per tale posta patrimoniale?

Ecco perché penso che sia importante spronare i miei concittadini ad andare a votare: non votare significare dire comunque di sì a tutto ciò che già è minacciosamente chiaro nei disegni di se-dicenti “liberatori” e “resistenti”.

Ecco perché penso che, anziché prendere il rischio di un cambiamento “vintage”, di un “ritorno al passato” - di cui stiamo pagando ancora il conto – sia meglio confermare i progetti già

impostati dall'Amministrazione uscente, magari sollecitando più attenzione per delle precise priorità ovvero chiedendo maggiore attenzione per precise specificità.

Ogni cambiamento, per concretizzarsi compiutamente, ha bisogno di tempo: una nuova linea di metropolitana (la B1) ed un'altra avviata, un eccellente corridoio per la mobilità pressoché completato (Laurentino), molte iniziative e progetti sociali a vantaggio delle categorie più svantaggiate, l'esenzione dall'IMU di fasce economicamente deboli, piani occupazionali raziionalmente impostati e solo in attesa di delibera (e Dio sa quanta sia la “fame di lavoro”!)..., questo e altro sono alla base di una valutazione obiettiva.

Se c'é qualcuno che potrebbe – liberamente e quindi lecitamente – sostenere che é stato fatto poco, rispondo: di fronte al niente (fatto da altri, in precedenza), anche il poco é tanto.

Si può migliorare? Certo! Si deve migliorare, sempre: e, per questo, guardare avanti correggendo là dove sia opportuno farlo.

Migliorare e fare piccoli cambiamenti per migliorare, nell'interesse della comunità di Roma, è logico e giusto: ma distruggere buona parte di ciò che è stato fatto, in nome di “libertà” e “cambiamento”, non solo avrebbe un costo elevatissimo, ma equivarrebbe un atto di macroscopica castrazione esercitata da chi, facendo i conti con l'astensionismo e la dispersione dei voti, diventerebbe per lunghi anni amministratore di una Città con il sostegno forse di un 30% (ma è già un traguardo... entusiasmante) dell'elettorato attivo (qualche milione di votanti, non noccioline!).

Un po' poco per potersi definire possibile, futuro, “liberatore”: una sparuta maggioranza che governerà una cospicua minoranza (di cui buona parte auto-castratasi con la rinuncia al voto: e, dico io, privatasi anche del diritto di reclamare o rammaricarsi o chiedere. Per questi "senza voce" è utile sottolineare che l'apatia sollecita altra apatia, in una spirale perversa).

Romani, non delegate a nessuno neanche il vostro dissenso!

Non fate lo stesso errore di chi, alle elezioni politiche, ha fatto convergere la sua protesta su un movimento senza programma, senza voglia di far sentire la sua voce (se non nelle piazze o per lanciare ingiurie e anatemi), e con il chiodo fisso di incitare alla ribellione ed alla rivolta sociale, disconoscendo valore alle Istituzioni ed a chi, anche a più alto livello, le rappresenti.

Ecco: sciupare il proprio diritto di voto così, dopo essersi fatti irretire da un abile e ricco comico per poi accorgersi dopo un mese che questi movimentisti in realtà altro non sono se non dei bluffeurs dialettici, aperti sostenitori dell'insurrezionalismo (ossia della distruzione) piuttosto che non del cambiamento attraverso serie, concrete, rapide, doverose, modifiche del contesto politico nazionale, ecco... tutto ciò sarebbe proprio troppo!

E sarebbe troppo, se – pur se con le dovute differenze – ciò dovesse verificarsi anche a Roma.    E' vero che è tempo di riflessione e di grandi cambiamenti: ma questi hanno necessità di consolidarsi, per non essere effimeri.

Andate a votare, dunque, concittadini romani, e con consapevolezza: anche se mentre lo fate vi venisse in mente una vecchia frase del grande Indro Montanelli!

Roma 8 Giugno 2013                      Giuseppe Bellantonio


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