lunedì 1 maggio 2017

PRIMO MAGGIO. MA E' VERA FESTA?

   

Primo Maggio…!                                                                                             A guardare i calendari, mi confondo nel leggere se oggi si celebri la Giornata del Lavoro o quella dei Lavoratori o la festa del Lavoro.                                   Certo è che – al di là dei dati contrastanti, ma comunque severissimi, che prodighe ed ottimistiche o avare e cupe statistiche ci propinano con frastornante abbondanza – se dal calendario passo a leggere la nostra Costituzione e ciò che essa sancisce inequivocabilmente al riguardo, come pure riguardo al c.d. diritto alla casa, ebbene lo sconforto mi assale!  Al punto da indurmi a ritenere – consapevole della posizione altalenante dell’Italia, ora all’ultimo ora al penultimo posto delle classifiche di sviluppo dei Paesi della UE – se oggi, in realtà, non avvenga la commemorazione del Lavoro: così, ricordandone i fasti di un tempo che fu, e forse addirittura solo evocandone lo spirito attraverso riti e formule particolari, che possono persino apparire desuete, persino arcaiche e quindi superate.                                                                                                       La setta dei celebranti - tutti presi dalla propria presunta unicità e indispensabilità, infervorati e vocianti - cerca di suscitare il plauso di raggruppamenti ora festanti ora oranti, ora inneggianti al Lavoro, ora avversi a presunti quanto anonimi sfruttatori o affamatori di un popolo anch’esso senza volto; ma le parole sono sempre le stesse, da decenni, monotone, ormai carenti di senso pratico e di riferimento alla realtà di un Mondo che da tempo è cambiato e che è indirizzato a nuovi cambiamenti – 3.0 o 4.0 che possano essere -, ma comunque testimoni di una realtà nazionale ferma al palo economico-finanziario e sociale, quindi asfittica e sterile.                                   Festa, dunque?                                                                                           Ma cosa c’è da festeggiare? Un fantasma: il fantasma del Lavoro? Un banale auspicio? Una pia speranza?                                                                           Certo: in ogni caso, il calendario ci dice che oggi è una giornata festiva; e le festività, anche per esorcizzare le difficoltà quotidiane, si cerca di trascorrerle in allegria e – possibilmente – con spensieratezza. Quanto più si possa. Forse seguono questa ottica coloro che organizzano feste in piazza o concerti musical-demagogici: stordiamoci di parole e di musica, un po’ di vocaboli urlati in un microfono, qualche urlìo becero, e il gioco è fatto!                                             Ascoltavo dalla radio che, da qualche parte, taluno ha scomodato persino l’eccidio di Portella della Ginestra – diciamolo senza tentennamenti: una pagina buia della storia d’Italia, del dopoguerra, certamente nefasta ed in ogni caso  assolutamente tragica, quel 1° Maggio 1947; ma i cui mandanti restarono indefiniti  -, tornando a pestare la stessa acqua nel mortaio attraverso la continua riviviscenza di tracce – ancorché forti – di un passato ormai sconosciuto ai più: riviviscenza che esuma e accarezza, con lacerante continuità, gli ismi che furono, con l’effetto di tenerli sempre vivi, addirittura coccolandoli e rispolverandoli al bisogno.  Citazioni sempre valide – diremmo evergreen, oggi – efficaci per tutte le solennità, quanto giustamente condivisibili; citazioni esternate però da chi vive sui separatismi, su quelle divisioni tra morti Italiani al di qua o al di là di una linea più o meno sottile o immaginaria: linea di demarcazione che con diligenza viene sempre vivacizzata con della vernice fresca!  Alla faccia di ogni e qualsivoglia spirito di pacificazione: quello spirito che è stato sempre sbandierato ma mai concretamente realizzato, così dando luogo alle varie giornate dedicate al ricordo ora di questo ora di quel gruppo di vittime.  Ma mai di tutte le vittime: pur se sempre di Italiani si tratta.               Però, allo stordimento che sopra abbiamo indicato, nessuno abbina delle risposte, delle proposte operative dai tempi certi, delle certezze da offrire a chi ha perso il Lavoro – con la ‘L’ maiuscola, perché è nobile lavorare, quanto ignobile vivere da parassiti – o lo sta cercando per la prima volta, o sta studiando per formarsi e quindi aspirare poi ad un lavoro.                                 Lavoro che sta quindi alla possibilità di costruirsi un futuro, di potersi sposare, di avere dei figli, di godere di un tetto e di un regime di vita decente e dignitoso.   Ma oggi questo non c’è!  Faremo, vedremo, potremo… tutti verbi declinati al futuro: un futuro di speranza piuttosto che non di rassegnazione, un futuro che sempre più – specie per chi studia, per chi principia nel cercare un Lavoro – è riposto nella fideistica speranza nella Provvidenza piuttosto che non nella capacità degli uomini deputati ad esercitare il governo del Paese, a tutti i livelli.   Primo Maggio, dunque… Con tutte le incertezze di migliaia e migliaia di lavoratori sull'orlo del baratro - come sta accadendo per ultimo con Alitalia -, che hanno il cuore in subbuglio per la paura di perdere il Lavoro; strattonati di qua e di là, da chi forse non rifugge dalla tentazione di poterne fare strumento per conseguire dei propri vantaggi.                                                                 Primo Maggio… Questa la triste realtà… festa, mentre c’è gente disperata senza lavoro, o perché teme di perderlo domattina… festa, mentre ci sono milioni di Italiani in povertà assoluta o oltre la soglia tecnica della povertà… festa, con l’angoscia del constatare lo scandalo offerto dagli autori di cattive, pessime, gestioni aziendali che – per premio - prendono sontuose liquidazioni mentre i lavoratori perdono il posto… festa, mentre i terremotati aspettano ancora le famigerate casette pur reiteratamente promesse da quei politici che tra lutto, macerie e sgomento hanno fatto i loro défiléfesta, mentre ci sono enormi nefandezze che ogni giorno vengono alla luce, palesando sistemiche corruttele e abusi, dove nessuno sembra essere esente da colpe e  responsabilità…          Che si rifletta, che ci si opponga legittimamente ai giochini che dall’alto impongono soluzioni e soggetti: soluzioni né liberali né democratiche, che non tengono conto del diritto da parte del Popolo di esprimere i propri rappresentanti, e che gli Italiani hanno solo un modo di condannare.                 Occorre dare vita a riflessioni e meccanismi che portino ad esprimere una nuova classe dirigente – non certo costituita da gente riciclata o che si ricicla, persino con spavalderia – che ami il Popolo Italiano e questa nostra amata Italia, e che operi in questa precisa ottica piuttosto che non in quella della conquista e mantenimento del potere personale o di fazioni.                                           Ciò attraverso l’unica rivoluzione possibile: quella di un voto coraggioso e coerente, voto di Popolo espresso con democratica consapevolezza e responsabilità – rifuggendo quindi da quella nausea che conduce all'astensionismo -; voto che possa dare spazio alla speranza per un cambiamento.

Roma, 1° Maggio 2017
Giuseppe Bellantonio
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2 commenti:

  1. i tempi sono cambiati ..nessuna festa ..niente plauso ..il diritto al lavoro è un miraggio..cosa dire fermi al palo si spera in tempi migliori circondati dalla disperazione sociale che ogni giorno uccide dignità in corsa verso un sospiro di letizia. Sono indignato per tutto il popolo italiano ...cordialmente Luca Puglia

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  2. Grazie per quanto condiviso, Luca Puglia!

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