mercoledì 8 ottobre 2014

CENTRODESTRA PIGRO E IMBELLE

Sulle pagine web di UN SOGNO ITALIANO è stato pubblicato l'articolo a firma Senator che sottolinea all'attenzione del Lettore le anomalie di un "centrodestra pigro e imbelle" che pare non reagire - quantomeno, seguendo i consueti e peculiari schemi attribuiti a tale espressione politca - ad una situazione politico-sociale ed economico-finanziaria così particolarmente severa.
Forse mancano gli uomini, forse le idee, forse la giusta energia per essere palesemente presenti con proposte ed elaborazioni attuative degli stessi.
Una lettura attenta da riservare a uno scritto interessante nei contenuti nonchè lucido nella forma, che propongo alla Vs. cortese attenzione.

Roma, 8 Ottobre 2014                          Giuseppe Bellantonio 


Centrodestra pigro e imbelle
di Senator

Scrive Giovanni Belardelli sul Corriere della sera di oggi (“Quelle dannose pigrizie del centrodestra”) che la caduta del partito dei moderati, appiattito su Berlusconi e il suo carisma, rischia di scendere ulteriormente nei consensi elettorali a causa della “comparsa di Renzi, leader del principale partito della sinistra che però attacca frontalmente la CGIL e dichiara che gli imprenditori debbono poter licenziare”. Ed aggiunge che “la rendita di cui il centrodestra berlusconiano ha vissuto per tanti anni è scomparsa e con essa qualunque prospettiva politica che non sia di sostanziale subalternità al PD, stando dentro oppure fuori dell’esecutivo. E certo non sarà con trouvailles come la prossima presentazione, da parte di FI, di cento giovani sotto i 35 anni che le cose potranno cambiare”. Fine della citazione.
Cominciamo da quest’ultima considerazione, assolutamente condivisibile, come, peraltro, le altre che precedono, perché rileva l’esistenza di una mentalità e di un indirizzo politico organizzativo e operativo che associa aspetti positivi ad altri decisamente negativi, che purtroppo prevalgono.
Il giovanilismo ha segnato momenti diversi della vita politica italiana, almeno negli ultimi vent’anni, prima con Berlusconi, oggi con Renzi. La scelta di puntare sui giovani è certamente, sotto vari aspetti, vincente. Prende atto che le speranze di una società vanno rinvenute in coloro i quali per la loro età hanno spirito di intrapresa e desiderio di migliorare, per cui da questa parte della popolazione ci si attende un impegno forte nello sviluppo della società, ma trascura di considerare che gli italiani, come qualunque altro popolo, non è formato solo dai trentenni ai quali Berlusconi, prima, e Renzi, adesso, hanno affidato ed affidano un ruolo politico importante. Ci sono italiani di quaranta, cinquanta, sessata e più anni i quali hanno un ruolo importante nella società, perché rappresentano esperienze professionali e politiche spesso ragguardevoli. Questi guardano con interesse all’impegno dei più giovani che sono i loro figli o i loro nipoti. Li indirizzano, li consigliano, li aiutano economicamente, come avviene in questo particolare momento storico nel quale la crisi dell’occupazione è divenuta drammatica.
Una società complessa nella quale una larga fascia della popolazione è formata da meno giovani deve tener conto delle esigenze di tutte le categorie sociali e nel momento storico attuale non può danneggiare economicamente le fasce medio alte perché indirettamente ne trarrebbero un danno i giovani che non potrebbero più avere l’aiuto dei padri e dei nonni.
La politica del giovanilismo, dunque, va contemperata con una attenta considerazione delle varie esigenze di una società complessa.
Ma l’articolo di Belardelli, che ci ha indotto a queste considerazioni tratte dalla parte finale delle sue riflessioni, merita attenta considerazione per gli aspetti generali che affronta, evidenti a chi segue le vicende della politica, che giustificano il titolo del fondo del Corriere della Sera, là dove le “dannose pigrizie del centrodestra” stanno ad indicare una pericolosa stasi nell’iniziativa politica di un leader evidentemente stanco ed incapace di confrontarsi con il giovane Presidente del Consiglio e leader del Partito Democratico che, nonostante l’iniziale innamoramento di larghi strati dell’elettorato, si vada esaurendo. Berlusconi, che aveva iniziato la sua esperienza politica individuando un nemico storico dei moderati italiani, il comunismo, sulla base di ideali propri del liberalismo politico ed economico, oggi non ha più il suo classico avversario. Renzi è un ex democristiano, un cattolico di sinistra, che dice, come sottolinea Belardelli, cose gradite alla destra di Berlusconi quando critica i sindacati e rivendica per gli imprenditori mano libera dei licenziamenti, sia pure giustificati da ragioni economiche e di produzione.
Ammaliato dal Berlusconi imprenditore di successo, più esattamente fortunato per la costante assistenza della politica (basti pensare al decreto legge con il quale il governo Craxi consentì alle televisioni dell’ex Cavaliere di riprendere le trasmissioni che il pretore aveva vietato), il popolo di centrodestra ha smesso di elaborare idee e di richiamare i grandi ideali del liberalismo democratico seguendo quel pericoloso declinare delle ideologie che stoltamente è stato esaltato.
Abbandonati gli studi e le tradizioni, negli ultimi anni coltivate quasi soltanto da Marcello Veneziani, gli uomini di partito e di governo sono stati scelti col criterio che oggi Renzi torna ad applicare: giovani senza esperienza e leggiadre ragazze in ogni caso inadeguati al ruolo che veniva loro attribuito, in posizioni di responsabilità anziché collocati in una seconda fila pronta a conquistare nuove vette sulla base di un’esperienza maturata sul campo.
Ecco dunque che il centrodestra narcotizzato dal berlusconismo perde consensi e continuerà a perderli se non troverà rapidamente un leader presentabile, capace di coalizzare il mondo della cultura liberaldemocratica intriso di valori della legalità e ancorato a solidi principi etici ricreando un humus culturale e politico che possa costituire elemento di attrazione per quei milioni di italiani che non hanno votato nelle ultime elezioni ma che desidererebbero vivamente individuare un riferimento per riprendere fiducia nella politica, nonostante tutto congiuri contro di loro.
Le “dannose pigrizie” sono una palude nella quale Berlusconi, evidentemente stanco e preoccupato soprattutto dei propri interessi, ha condotto le sue schiere. E qui si dovrebbe riflettere sull’errore di affidare la politica a chi è naturalmente preso da grossi interessi economici personali, una cosa che si era vista soltanto nelle repubbliche sudamericane.
L’augurio per una ripresa del dibattito politico non è, dunque, indirizzato esclusivamente al centrodestra ma all’Italia e agli italiani perché la vita democratica di un paese si basa sul confronto tra gli schieramenti politici portatori di valori, capaci di andare alle tradizioni e di rigenerarle guardando al futuro. È un obiettivo importante nella vita politica italiana dei prossimi anni, un obiettivo che non può sfuggire ai giovani e che va conquistato con i padri e con i nonni, perché la società ha bisogno di tutti, in ruoli diversi e con responsabilità diverse.
6 ottobre 2014                                                                               

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