mercoledì 17 dicembre 2014

UN EVENTO LIETO...

... quello,  a Roma, della "nascita" dell'Associazione Giuristi di Amministrazione.
 
Eventi come questo, sono una bella notizia per la Cultura - nella sua accezione generale - e di conforto per noi Cittadini: non tutto è perduto, in questa nostra bella Patria, e attività come quella di cui potrete leggere qui di seguito rappresentano una forte volontà di "fare", mettendo a disposizione della Comunità risorse di alto profilo e di significativo spessore professionale.
 
Buona lettura!
 
Roma, 17 Dicembre 2014                               Giuseppe Bellantonio
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Per sottolineare il ruolo del giurista nella pubblica amministrazione

Nasce l’Associazione Giuristi di Amministrazione

di Salvatore Sfrecola

Nei giorni scorsi, dinanzi al Notaio romano Adolfo De Rienzi, con un gruppo di amici, magistrati, docenti universitari, avvocati, funzionari, abbiamo costituito in Roma l’Associazione Giuristi di Amministrazione che ha già un profilo Twitter e Facebook, mentre a giorni entrerà in rete un sito Web. L’idea è antica. Ne parlavo già nel 1998 su Italia Oggi, nel pieno di una polemica che, come Presidente dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti, mi vedeva protagonista, in contraddittorio con quanti sostenevano all’esterno e all’interno della magistratura contabile che fosse necessario arruolare economisti, difendendo il ruolo del giurista nella pubblica amministrazione. Più esattamente la sua centralità nel perseguimento delle politiche pubbliche.

Ricordo questo dibattito emblematico di un modo di intendere l’organizzazione e l’attività delle Pubbliche Amministrazioni.

I sostenitori del magistrato contabile “economista” ritenevano che il controllo delle gestioni pubbliche, affidato alla Corte dei conti, in particolare nella forma della verifica dei risultati sotto il profilo dell’economicità efficienza ed efficacia, dovesse necessariamente prevedere una professionalità non solamente giuridica. Ciò, in particolare, in relazione alla presunta inadeguatezza degli insegnamenti impartiti nel Corso di laurea in giurisprudenza, trascurando che le contabilità nell’ambito pubblico sono giuridiche e che, in ogni caso, l’ordine degli studi prevede discipline come il diritto finanziario e la scienza delle finanze che ben predispongono all’approfondimento della contabilità generale dello Stato, di quel diritto contabile pubblico che Michael Sciascia chiama “Diritto delle gestioni pubbliche”. D’altra parte proprio l’esperienza della Sezione di controllo sugli enti della Corte dei conti dimostra che giuristi hanno messo a punto parametri di controllo sulla gestione che hanno fatto scuola anche in sede scientifica.

In sostanza l’impostazione economicistica è frutto di un falso problema. Il magistrato della Corte dei conti applica regole giuridiche, sia quando giudica sui conti o sulle responsabilità sia quando verifica l’adeguatezza delle gestioni alle regole contenute nelle leggi finanziarie, oggi “di stabilità”, in relazione a vincoli giuridici contenuti nel “patto di stabilità”.

Tuttavia la tesi del magistrato “economista” riemerge di tanto in tanto nei dibattiti.

Ne era convinto l’allora Ministro della funzione pubblica, Franco Bassanini, che pure è un giurista, professore di diritto costituzionale, il quale era stato sollecitato in tal senso anche da ambienti interni alla Corte. Conseguentemente è stata prevista la possibilità per i laureati in economia di partecipare ai concorsi per l’accesso alla magistratura contabile. In quel contesto c’era chi sosteneva che l’ingresso di economisti non avrebbe inciso sulla natura giuridica attuale della Corte. Si diceva, da parte di costoro, che i laureati in economia sarebbero stati assegnati alle funzioni di controllo, i giuristi alle Procure e alle Sezioni giurisdizionali. Senza pensare che questa sarebbe stata l’anticamera della separazione delle carriere e anche delle funzioni, tanto che la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali avrebbe assunto proprio questo indirizzo: controllo senza verifica della legalità intestato alla Corte dei conti e giurisdizione di responsabilità per danno erariale attribuita al Giudice amministrativo senza Pubblico Ministero. Un pasticcio, da incompetenti, considerato che la cointestazione delle funzioni (controllo e giurisdizione) è scelta tradizionale del legislatore italiano fin dalla legge istitutiva della Corte dei conti (legge n. 800 del 1862) invidiata in Europa dove si vorrebbe attribuire alla Corte dei conti dell’Unione, che è solamente organo di controllo, anche funzioni giurisdizionali per perseguire sprechi e illeciti in danno delle finanze comunitarie. Infatti i magistrati della Corte dei conti che in vari momenti della carriera esercitano funzioni di controllo e giurisdizionali (requirenti e giudicanti) arricchiscono la loro preparazione professionale proprio in questa variegata esperienza.

Mettendo fine alla riforma Bassanini, un emendamento dell’onorevole Franco Frattini confermò l’obbligo della laurea in giurisprudenza, con la precisazione che coloro che avessero “altresì” la laurea in economia avrebbero avuto una riserva del 20% dei posti messi a concorso. Rivendico ad un mio suggerimento questa norma della quale sono orgoglioso perché costituisce un giusto equilibrio senza che sia alterata l’unitarietà delle funzioni di controllo e giurisdizione della Corte dei conti e la sua natura magistratuale.

Riandando a quella battaglia di principi, in un contesto più ampio la nuovaAssociazione risponde ad una realtà non confutabile: la centralità del ruolo del giurista nella Pubblica Amministrazione. Nel senso che nelle sue variegate attribuzioni l’Amministrazione è chiamata ad adottare provvedimenti che attengono a materie di carattere scientifico: economico, medico, fisico, chimico e via dicendo. Basti pensare alle regole del patto di stabilità, che rinvengono la loro genesi nell’esigenza di preservare equilibri di bilancio funzionali a mantenere l’Italia tra le nazioni “virtuose”, alla prescrittibilità dei farmaci, ai limiti dell’inquinamento dell’aria e delle acque, tutti definiti da tecnici e consegnati in mano al giurista che, in relazione alle indicazioni fornite dalla competente istanza scientifica, deve definire gli elementi fondamentali della normativa con riguardo anche alle sanzioni e alle regole che riguardano il procedimento di applicazione delle stesse, a tutela della comunità nel suo complesso, delle persone e delle imprese. Norme, dunque, che devono essere funzionali allo scopo, cioè al risultato che ci si attende. Non solo. Non basta stabilire una regola, occorre anche che la stessa sia applicabile in forme e tempi che non ne vanifichino lo scopo. Ancora, in questi settori emergono esigenze di valutazione preventiva e di controllo sempre molto importanti. Tutti compiti del giurista che non deve tradire ovviamente la norma né le finalità scientifiche e sono alla sua base.

Insomma, il giurista ha un ruolo essenziale nella Pubblica Amministrazione, un ruolo delicato perché sia assicurato quel buon andamento che è anche esso principio giuridico ai sensi dell’art. 97 della Costituzione. Il giurista che deve interpretare l’istanza scientifica tecnica e renderla effettiva in ossequio alle esigenze di cui lo Stato si dà carico, qualunque sia la realtà della quale ci occupiamo.

Convinti, dunque, del ruolo centrale del giurista nella P.A. abbiamo costituito questa Associazione che si prefigge di studiare e di formare, partecipando al dibattito sulle regole con il mondo scientifico e con le autorità pubbliche, con il Governo e il Parlamento, alla riforma degli ordinamenti e delle procedure. Nella speranza che si comprenda che la riforma non deve essere necessariamente globale ma mirata a singoli comparti o settori come a determinate procedure. Con l’avvertenza che l’adeguamento deve essere conseguenza di un monitoraggio permanente delle sentenze dei giudici e del dibattito scientifico, elementi dai quali si traggono valutazioni di ciò che è e di ciò che dovrebbe essere e che vorremmo che fosse.

Con questa metodica non dovremmo attendere anni per modificare ciò che può essere rapidamente emendato, senza inutili aggravi, disagi e inefficienze che propongono agli occhi delle persone e delle imprese e dell’intera comunità nazionale l’immagine di una pubblica amministrazione lontana dalla realtà e, pertanto, additata al discredito dei cittadini. Ciò che ha l’effetti di inoltre allontanare i migliori professionisti dall’impiego pubblico diversamente da quanto avviene nei paesi di più antica tradizione amministrativa, dalla Francia alla Germania, dal Regno Unito alla Spagna. Anche l’Italia ha avuto periodi nei quali l’Amministrazione pubblica ha goduto di prestigio e di efficienza agli occhi della classe politica e dell’opinione pubblica.

Ci proponiamo di concorrere a ricostruire questa bella immagine del nostro Stato.

16 dicembre 2014

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