giovedì 21 febbraio 2013

ELEZIONI 2013 TRA DUBBI E SOLLECITAZIONI


 
Spendere altre ed attuali parole su questa tematica è esercizio del tutto poco utile a così poca distanza dal voto.
Chi doveva decidersi e quindi decidere, lo ha già fatto.
Gli indecisi di ieri sono invece ancora oggi indecisi: troppa confusione, troppi contrasti aspri - dove dominano i "noi" contrapposti ai vari "loro" -, troppe promesse - carenti della necessaria esplicazione del "come", "quando", con "quali mezzi" ed a "cura di chi" si conta di provvedere -, fin troppa gente che dovrà/dovrebbe occuparsi di amministrarci, troppa demagogia (purtroppo ancora applicata su stereotipi quali "borghesia", "capitalismo", "aree di evasione", "chi ha di più" e quant'altro).
Se un appello deve essere rivolto è quello rivolto agli indecisi: solo una cospicua presenza dell'elettorato attivo può sottolineare una precisa volontà di svolta.
Non votare è una scelta di auto-castrazione: pur se sostenuti da validi motivi, quali l'insoddisfazione per come i politici possano fin qui aver fatto e di come possano aver potuto farlo, il non votare non può rappresentare una forma di protesta.
Si protesta con un "no" piuttosto che non un "si", ma non votare o votare scheda bianca significa contribuire in modo concreto a dare importanza e quindi consistenza a quei partiti ed a quelle liste che possono contare su uno "zoccolo duro" di elettorato.  Elettorato potrei dire "fidelizzato" che segue le sorti del partito o della lista: con qualunque tempo, anche quando l'esperienza passata possa essere stata negativa, e pure in presenza di prospettive affatto determinate e precise.
In una situazione severa come quella italiana, in un contesto europeo pesantemente compromesso dal perdurare di  una congiuntura difficile a livello mondiale, occorre indirizzarsi non tanto su chi cavalca la giusta protesta, quanto su chi possa proporre delle soluzioni alle diverse pessime contingenze nazionali.
Non si può governare né con le proteste né grazie alle proteste: chi ha l'onere di governare una Nazione, un Popolo deve pur avere delle minime competenze.    Diversamente, il giorno dopo essere stato eletto, il governante che non saprebbe come muoversi e rapportarsi tanto con i meccanismi politici, amministrativi e legislativi nazionali, che con quelli internazionali, non potrà che fare "flop" ed avviare il Paese verso ulteriori fasi di pericolo, fors'anche irreversibile.
Certo, il "flop" può essere mitigato da iniziali misure nazional-popolari, tali da suscitare formidabili plausi ma scarsi effetti pratici (anche se motivati da target virtuosi, quali i minori costi della "politica").
Del pari, il "flop" potrà anche essere mitigato da "alleanze" e "patti di desistenza", ma ciò equivarrà a creare "inciuci" proprio con coloro che oggi sono bersagliati dagli strali di chi cavalca le (giuste, giustissime) proteste.
Politica, spettacolarizzazione della politica, politica-spettacolo: concetti diversissimi tra di loro, per intendere i quali bisogna essere lucidi e razionali.
La "politica-spettacolo" poco rispetta la sostanza delle attese politiche dell'elettorato e, tutto sommato, è meglio sorridere e ridere in un teatro - applaudendo l'attore di turno - che in luoghi diversi quanto impropri: il sorriso potrebbe poi trasformarsi in qualcosa di negativo e preoccupante.
Sono d'accordo con i Lettori: scegliere e decidersi non è facile o semplice.   Ma questo è lo scenario, e si dovrà fare virtù di necessità.
Ma pur tra mille dubbi, occorre esercitare il proprio diritto di voto.  
Non votare ci mette in quell'area grigia dei "senza volto": soggetti che non potranno che essere politicamente rappresentati da altra gente "senza volto", senza caratteristiche certe delle quali poter gioire o potersi lamentare.
E mettere il proprio futuro in mani "senza volto", è troppo.
Ricordiamo: la storia dimostra che "stare alla finestra", in attesa di non si sa bene cosa, "non paga".
Votare vuol dire esserci, esistere socialmente e politicamente, avere una propria voce.
Ed avere una voce è indispensabile a livello nazionale, specie quando intorno ai confini patrii sembrano aggirarsi oscure presenze che - stando alle notizie di stampa e di cronaca - potrebbero persino tentare di esercitare influenze stridenti tanto con la libertà di voto che con gli stessi principi della "libertà" e della "democrazia", come pure opposti al mai cancellato concetto di "sovranità nazionale". 
Non leghiamoci e non imbavagliamoci da soli.
Dimostriamo, attraverso la libera espressione di voto dei Cittadini, che la coesione nazionale è possibile; dimostriamo di voler essere padroni del nostro destino e non sudditi di qualche potentato politico o finanziario, o - ancor peggio - di chi possa essere tentato di impadronirsi delle nostre tentazioni, delle nostre pulsioni, persino del nostro intimo sentire.
 
Roma, 21 Febbraio 2013


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