venerdì 17 marzo 2023

GRAFFI... CHI DA' CREDITO AL CREDITO?

 

CHI DA’ CREDITO AL CREDITO?

Ieri il brusco (ma anche atteso…, gioco forza) e forte calo delle quotazioni di Crédit Suisse ha coinvolto al ribasso tutti i mercati. L’altra colonna delle banche elvetiche, la Unione di Banche Svizzere, ha perso l’8,5%. L’indice settoriale delle banche europee è sceso di quasi il 6%. Questo il bollettino di guerra (settore finanziario-economico-industriale, ancorché bancario: a Parigi, Banque Nationale de Paris -10%, Société Générale -12%; a Francoforte, Commerzbank quasi -9%, Deutsche Bank -9,6%; a Madrid, Santander -5,7% e BBVizcaya -10%. Il calo non ha risparmiato (ma è ovvio: nel sistema banche, tutte hanno in pancia azionariato di altre banche, a livello internazionale) le banche italiane: a Milano il listino ha segnato un pesante -4,6%), con Banca Intesa Sanpaolo a -6,9%, Unicredit -9%, Banco Pop. Milano -7,1%, Monte dei Paschi di Siena -10%. A Wall Street, la situazione è sull’orlo di una crisi nera: First Republic -20%. Ma la credibilità delle agenzie di rating ( ad esempio, Standard&Poor’s , Moody’s, Fitch) al pari d quella di importanti testate editoriali e di giornalisti blasonati specie se ‘esperti’ in economia e finanza (fino a ieri plaudenti e premianti questa o quella banca o finanziaria) è sotto la suola delle scarpe. Per carità, niente panico: cari risparmiatori (vere vittime di queste prevedibili altalene). Calma e gesso! Se vi agitate farete il gioco e la fortuna della speculazione (già all’opera: settore ribassisti, al momento). Le cause? Molte e alla fine concomitanti nell’innescare questa situazione. Preliminarmente le manovre e manovrette della FED e (pedissequamente a rimorchio) della BCE hanno dimostrato i loro limiti: non si può agire solo sui tassi, aumentandoli in modo spropositato, per affrontare la coppia ammorbante inflazione+recessione cui spesso si aggiunge la ‘sorella bastarda’ stagnazione. Manovre e manovrette di questo tipo, operando solo sui tassi e su un certo drenaggio di liquidità, sono da istituto tecnico: neanche da università. Vero è che gli USA sono riusciti a scaricare sull’Europa/UE buona parte della loro inflazione, rallentando fortemente l’abbrivio verso la recessione (anche questa, ben indirizzata verso l’Europa/UE, mentre l’economia USA si metteva bellamente in salvo, grazie all’incremento produttivo dell’industria pesante e del lauto portafoglio ordini a seguito degli importanti contratti per nuovi armamenti (si pensi solo al settore aeronautico!) sottoscritti dai paesi NATO. Ma si pensi anche che negli USA, ma anche in molte nazioni europee (Italia per lo più esclusa), il settore creditizio-finanziario ha in pancia tanti di quei titoli tossici, a livello di spazzatura, da fa rabbrividire la Terra & dintorni. I classici danni dell’equazione pezzi di carta (bond)=alti tassi e quindi speculazione circolare. Ma quando si arriva al punto che questo circuito si interrompe bruscamente (anche per saturazione, o per banale incapacità di far fronte all’aumento di tassi [com’è stato il caso della Silicon Valley Bank, divenuta illiquida in 15 giorni]), il corto circuito è assicurato. Il governo USA accorre in soccorso è farà suoi i debiti della Banche a zero liquidità: qualche grosso investitore sarà contento, ma da dove verrà preso il denaro? Attraverso una cordata? Ma le banche, anche i grandi gruppi finanziari, non hanno risorse illimitate e anche le Banche Centrali non possono stampare all’infinito: si arriva a un punto che la carta moneta può apparire carta di poco valore. E i segnali ci sono, basta saperli leggere: in poco tempo, per esempio, il Rand sudafricano e il Rial brasiliano ha segnato una rivalutazione molto consistente nei confronti del dollaro. L’Europa/UE, se ben gestita e coordinata dalla BCE e dalle Banche Centrali (per quel minimo di autonomia che ancora resta loro) avrebbe potuto rappresentare un ottimo approdo per gli investitori d’oltre oceano, specie se avesse assunto un profilo più coerente al dettato dei Padri Fondatori della Unione Europea: che doveva essere strumento di Pace e di Sviluppo, assicurando il benessere e la crescita dei Cittadini dei Paesi aderenti. Le guerre non sono mai una soluzione; aderire a una guerra, in qualsiasi forma, si ritorce sempre verso chi vi possa prendere parte. La realtà è sotto gli occhi di tutti: ci stiamo immiserendo per alimentare una guerra che non è né di libertà né di democrazia, ma solo di conquista politico-economica, programmata e voluta in modo testardo e peraltro più che palese. A negarlo solo complici e conniventi. Come direbbe l’inventore della pentola a pressione: il problema (ma anche la soluzione) sta nel manico.

Roma, 16 Marzo 2023 

Giuseppe Bellantonio

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