Dalle pagine del sito "UN SOGNO ITALIANO" guidato dal Prof. Salvatore Sfrecola, traiamo in interessante e dettagliato articolo a firma dell'Ing. Domenico Giglio.
Un articolo che susciterà inevitabili riflessioni in chi legge, come pure inquietanti interrogativi.
Primo tra tutti, il classico qui prodest?
Buona lettura e un cordiale saluto.
Roma, 30 Settembre 2015 Giuseppe Bellantonio
A
margine delle elezioni in Catalogna
Il
trionfo dell’egoismo ed il sonno della ragionedi Domenico Giglio
La
visione dei risultati delle elezioni regionali tenutesi il 27 settembre in
Catalogna, anche se i partiti separatisti non hanno raggiunto la maggioranza
assoluta dei voti, essendosi fermati al 47,8%, mi ha provocato una sensazione di
sconforto, se non di pena, perché nel successo degli indipendentisti non ho
visto il trionfo né della libertà e della democrazia, ma il trionfo degli
arrivismi (così avranno ministri, ambasciatori, posti all’ONU, alla Unesco e
così via) e degli egoismi, specie fiscali e monetari, il tutto in una visione
retrograda e non avveniristica della società catalana. Il sonno della ragione
genera mostri, e la pena e la tristezza sono aumentate quando abbiamo visto e
letto che in questo successo sono stati determinanti i giovani che invece di
guardare al futuro, come dovrebbero, si sono girati verso il passato, come i
dannati danteschi, che nel ventesimo canto dell’Inferno, camminano con la testa
girata all’indietro “…sì che il pianto degli occhi, le natiche bagnava per lo
fesso…”
Infatti
alla base dell’indipendentismo vi è la non accettazione della vittoria dei
Borboni, trecento anni or sono, nel 1714, nella guerra di successione spagnola e
la nostalgia per un Regno della Aragona e Catalogna, che aveva avuto un ruolo
importante nel Mediterraneo, con conquiste di cui Alghero ed altre località
della Sardegna, sono testimonianza, ma che praticamente era cessato quando il Re
Ferdinando d’ Aragona, il “Cattolico”, aveva spostato nel 1469 la Regina
Isabella di Castiglia, dando così vita all’unità della penisola iberica,
liberata completamente dai mussulmani, e che si lanciava nella grande avventura
oceanica, con le tre caravelle di Colombo.
Ma
siamo nel 2015 ed abbiamo l’ISIS ed altre forme di estremismo e terrorismo
islamico, abbiamo milioni di emigranti che attraversano il Mediterraneo per
raggiungere e stabilirsi in Europa, abbiamo problemi energetici ed ambientali di
non facile soluzione, che già l’attuale Unione Europea di 27 stati, senza una
politica unitaria. trova difficoltà a risolvere e vogliamo frammentarla
ulteriormente?
Un
conto è la memoria storica da tutelare, un conto sono le tradizioni da
ricordare, un conto diverso è rompere unità statali, di maggiori dimensioni, più
adatte ad affrontare i problemi sopra esposti ed a dialogare con gli altri
stati, per creare invece uno staterello di settemilioni e cinquecentomila
abitanti, che non sarebbe in grado di sostenere gli oneri di tutte queste
operazioni. In Europa vi sono senza dubbio Stati numericamente minori, ma hanno
dietro di loro storie unitarie di secoli, come ad esempio l’Olanda, che aveva
anche un impero coloniale di grandi dimensioni, le famose Indie olandesi, oggi
Indonesia, o il desiderio di libertà, come gli stati baltici, prima sottoposti
al governo zarista, poi dopo un ventennio di indipendenza, sottoposti nuovamente
per un cinquantennio al ben peggiore giogo sovietico. Ma questo non può
applicarsi alla Catalogna, perché se è vero che molte sue istituzioni, quali ad
esempio la “Generalitat” e le “Corts” ed altre forme di autonomia amministrativa
erano state cancellate nel XIX e XX secolo dal centralismo madrileno e dal
franchismo, con la fine dello stesso e con una rinnovata monarchia e relativa
nuova Costituzione, aveva già raggiunto, insieme con le altre regioni, una
struttura federale con ampie autonomie, che può essere migliorata ulteriormente
senza distruggere l’unità della Spagna.
29
settembre 2015
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