Molti dei nostri Lettori hanno conosciuto la Scrittrice e Poetessa Gabriella Nardacci attraverso la nostra presentazione in esclusiva per i nostri Lettori del suo scritto 'Un'analisi del mito', gradito per il suo spessore e per lo stile dell'Autrice: tale da condurre per mano il Lettore tra i suoi pensieri.
Oggi Gabriella ci propone in esclusiva, l'altrettanto per noi inedito "TRA IERI E DOMANI"; una sorta di riflessione a voce alta dove i pensieri si rincorrono seguendo comunque un unico fil rouge.
Tra qualche giorno, dell'Autrice, pubblicheremo un altro inedito di questo medesimo segmento di pensiero, di queste riflessioni di tipo intimistico che inevitabilmente ci contagiano, e quindi ci appassionano.
Grazie a Gabriella Nardacci per l'attenzione e la preferenza accordataci.
Roma, 8 Maggio 2017
Giuseppe Bellantonio
Oggi Gabriella ci propone in esclusiva, l'altrettanto per noi inedito "TRA IERI E DOMANI"; una sorta di riflessione a voce alta dove i pensieri si rincorrono seguendo comunque un unico fil rouge.
Tra qualche giorno, dell'Autrice, pubblicheremo un altro inedito di questo medesimo segmento di pensiero, di queste riflessioni di tipo intimistico che inevitabilmente ci contagiano, e quindi ci appassionano.
Grazie a Gabriella Nardacci per l'attenzione e la preferenza accordataci.
Roma, 8 Maggio 2017
Giuseppe Bellantonio
TRA IERI E DOMANI
Mi è
capitato di ascoltare un discorso di un Sacerdote
Agostiniano. Sono rimasta,
letteralmente, incantata dalla sua cultura e ancor più catturata dal fascino
del suo comunicare. Nonostante esprimesse, a volte, dei concetti sui quali era
importante soffermarsi per rifletterci un po’ sopra, aveva però un modo di
parlare che mi ha fatto pensare alla leggerezza e al desiderio di ascoltarlo
ancora. Ha raccontato un
po’ della sua storia e sul perché avesse scelto l’Ordine di S. Agostino. Per meglio aiutarci a comprendere, ha
citato un’opera di S. Agostino: ’L’istruzione
cristiana’.
Né il futuro né il
passato esistono.
Forse sarebbe meglio
dire che i tempi sono:
il presente del
passato
il presente del
presente
il presente del
futuro.
Il presente del
passato è la memoria
Il presente del
presente è l’intuito
Il presente del
futuro è l’attesa.
(S. Agostino - libro XI, 20, 28).
Ora,
nella maturità, mi trattengo talvolta dal pensare al futuro: ma la parola attesa è meravigliosa, specie per
tutto ciò che essa sottende. Quando ero bambina, il periodo dell’attesa del Natale era
gioioso così come, in seguito, è stata emozionante l’attesa per un appuntamento
d’amore… l’attesa di un figlio… l’attesa di un ritorno. L’attesa in tutte le sue mille e mille sfumature. In questo senso - dove il presente è
attesa del futuro e dove non si ha data di scadenza - il momento può anche
apparire infinito: e ciò mi regala
un’illusione che mi rimane difficile
definire tale. Così, penso… rifletto… Il Sacerdote dice
che noi viviamo come se il passato fosse
stato il periodo migliore che abbiamo vissuto. Non posso che assentire… Chi di noi non ha mai detto: “…che bei
tempi erano quelli…”! Mia Madre,
spesso l’ho sentita dire ”…prima nun tenemme gnente ma se steva
megli…”; a chi non è successo di ascoltare vecchie canzoni e ricordare antichi
amori… o aver conservato lettere d’amore… o semplici oggetti che ricordano
paesi ed eventi? Non è forse un breve perdere il contatto con la realtà e con noi
stessi anche il semplice leggere libri e vedere film? “Siamo un po’ tutti degli accumulatori
seriali“, penso mentre il Sacerdote sembra distogliermi da questi
pensieri chiudendoli con “…storie di memoria cristallizzate… fantasia
che alleggerisce…”: riportandomi così alla mente la risposta di un
amico al quale avevo chiesto perché corresse
sempre… ”Corro per non cadere!” mi rispose. Qualcuno
ringraziò il Sacerdote per quel discorso così interessante, dicendogli che,
anche se il suo eloquio conteneva concetti certamente di peso, non ci si era stancati nell’ascoltarlo. Il Sacerdote, a sua volta, rispose che era necessario impartire gli
insegnamenti con suadente modalità oratoria - come diceva S. Agostino -. Solo così la comunicazione sarebbe stata efficace. La leggerezza del linguaggio contro la
pesantezza dello stesso. Ricordo
bene che nel ritornarmene a casa, camminai evitando altri pensieri che non
fossero quelli sulla leggerezza da cui mi ero staccata
poco prima. Ho
pensato a certe storie d’amore che a
volte terminano senza un motivo apparente, ma che forse, in realtà, finiscono
perché siamo noi stessi che uccidiamo l’amore misurandolo,
confrontandolo, interrogandolo, quantificandolo…. L’amore
è libero... arriva quando vuole e imprigionandolo non facciamo altro
che trasformarlo in un invisibile stratega che cercherà rapidamente una via di
fuga. Concetto che mi riporta a “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera, dove
l’amore vuole essere disinteressato e finisce nel momento in cui ciò non
avviene; in Shakespeare, quando in “Romeo
e Giulietta” – allorché Marcuzio dice “…tu sei innamorato…fatti prestare le ali da
Cupido e levati più in alto d’un salto…” - Romeo risponde “…io sprofondo sotto un peso d’amore…”. Concetto che ritroviamo puntualmente in
alcuni film, dove gli amanti cercano leggerezza contro le zavorre
dell’abitudine; in alcune poesie “...leggera e piana dritt’a la donna mia…”
di Cavalcanti, famoso anche per quel salto cui forse lo stesso Shakespeare fece
inespresso riferimento, quando, volendo fuggire da quei baldi giovani che
volevano introdurlo nelle loro goliardie, spicca un salto così in alto che lo
porta oltre salvandolo da loro. In
poche parole: l’insostenibile leggerezza dell’essere contro l’ineluttabile pesantezza
del vivere! E nel mezzo ,cosa c’è? E’
tutto bianco o è tutto nero? Anche
il mio pensare sta diventando pesante…
facendomi balenare improvviso il ricordo sulla “leggerezza della pensosità”
con Italo Calvino e le sue “Lezioni
americane” (1985, Cambridge, Massachusetts) in sei bozze. La prima, è
quella in cui affronta proprio il tema della leggerezza “…esiste
la leggerezza della pensosità, così come tutti sappiamo che esiste una
leggerezza della frivolezza: anzi la leggerezza pensosa può far apparire la
frivolezza come pesante e opaca…”. Occorre togliere peso… dare
leggerezza… volare. Cita Lucrezio ne il “De
rerum natura” come “…Il vuoto è altrettanto concreto che i
corpi solidi…”. Penso al pulviscolo
nell’aria, che così mi appare come una concretezza polverizzata.
Penso al salto che può, anche per
un solo momento, farci librare nell’aria come farfalle… ma che inevitabilmente
ci riporta a terra. Penso alla mia
tristezza quando si fa malinconia costruttiva… Tutte
queste riflessioni, coniugate al pensiero espresso dai grandi uomini
menzionati, mi hanno fatto volare tra le zavorre della vita,
sostenendomi anche negli atterraggi bruschi della vita stessa… Comunque, sempre
inducendomi a guardare con animo benevolo e costruttivo dinanzi a me. E’
così che ritorno sul pensiero mirabilmente espresso da S. Agostino,
soffermandomi a pensare proprio a quel “…il presente del presente è l’intuito…”
che non ho molto considerato intercorrere tra il passato e il futuro o che
forse ho lasciato per ultimo proprio perché sento che voglio viverlo: tutto. Sperando di aver reso leggeri
questi miei pensieri pesanti, e nel considerare ancora
l’amore racchiuso in quel salto o nel pulviscolo dentro un chiaro
raggio di sole, mi torna in mente una piccola lirica che scrissi qualche tempo
fa e che scrivo come chiusa di questo mio pezzo: che altro non è se non una
riflessione a voce alta.
DI
QUELL’ANTICO AMOR
Oggi è un nuovo
giorno
annuso la primavera
scalpitante
che fa lo sberleffo
ad un inverno pavido
che fugge altrove.
Da sotto le coperte
un desiderio fervido
m’inumidisce il cuore
di quell’antico amor.
Vivo è il ricordo che
mi sveglia
col pensiero di
pensarlo.
Il tempo passa
e il mio amato
dimentica…
Son nuvola e vino
son ventre e cuscino
ma il mio amato
dimentica.
Gabriella Nardacci
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