L'Illustre Prof. Salvatore Sfrecola ha voluto dedicare una serie di suoi recenti articoli - tutti pubblicati sul sito di 'Un Sogno Italiano' - ad un'analisi lucida, corretta e... cruda, dedicata alle componenti politiche italiana impegnate, a vario titolo, nelle attività preparatorie ad importanti tornate elettorali.
Per gentile concessione dell'Autore, porgiamo questi articoli all'attenzione dei nostri Lettori, che - al di là del proprio singolo ideale politico - certamente ne saranno interessati.
Per gentile concessione dell'Autore, porgiamo questi articoli all'attenzione dei nostri Lettori, che - al di là del proprio singolo ideale politico - certamente ne saranno interessati.
Buona lettura, quindi!
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Per
aiutare il PD a Roma
Bertolaso,
il candidato spaccatutto
di Salvatore
Sfrecola
Un
candidato che divide, Guido Bertolaso, fin dal primo annuncio della sua discesa
in campo, per dirla alla Berlusconi. Che lo ha voluto all’evidente scopo di
aiutare Renzi in gravissima difficoltà a Roma, come si vede di giorno in giorno,
con le primarie del Partito Democratico che, con scarso concorso di
cittadini, hanno incoronato Giachetti mentre cresce l’appeal di Fassina e
spunta Bray, Presidente della Treccani, già ministro per i beni culturali,
fedelissimo di Massimo D’Alema.
Ha
cominciato con alcune gaffe il candidato di Berlusconi. Dicendo di non essere
mai stato di destra, che se non fosse entrato in gioco avrebbe votato Giachetti,
per poi uscirsene sui poveri Rom discriminati dai romani. Troppo per Matteo
Salvini, troppo per i romani che lo hanno relegato molto indietro nei sondaggi
del 27 e 28 febbraio quando, tra coloro che si sono avvicinati ai gazebo
di NoiConSalvini, circa quindicimila, solamente 2.203 hanno indicato come
candidato sindaco l’ex Direttore della Protezione Civile.
In
questo fine settimana Berlusconi ci riprova. Indice una “consultazione popolare
per confermare il candidato sindaco del Centrodestra”. L’indicazione è per Guido
Bertolaso “la persona giusta per battere le sinistre e governare Roma Capitale”.
Quindi non una scelta, come si fa con le primarie, ma la conferma, sì o no per
Bertolaso, un sondaggio da raccogliere nelle piazze con i 54 gazebo autorizzati
alla Questura di Roma, divenuti presto 100 nella propaganda
di ForzaItalia. Alcuni di questi gazebo sono presso uffici privati, studi
legali e sedi di associazioni forziste, con quali conseguenze sulla genuinità
(diciamo solo così) del voto è facile immaginare.
Dunque
il “patto del Nazareno” colpisce ancora. Per dividere a destra ed aiutare Renzi,
in affanno a Roma come in altre città, e mettere in
difficoltàNoiConSalvini in forte crescita nella Capitale, come dimostra
l’affluenza ai gazebo (15mila non sono pochi) che hanno bocciato il candidato di
Berlusconi.
È
un passaggio delicato, cruciale. Che faranno i “salviniani” di Roma? Lo vedremo
in questo fine settimana. Condividere la scelta Bertolaso significherebbe
accettare una sconfitta non onorevole perché è assolutamente improbabile che
arrivi al ballottaggio. Ma soprattutto sarebbe un’emarginazione che ne potrebbe
decretare la fine.
Dopo
“Mafia Capitale” i romani cercano un riscatto, possibile solo con qualcosa di
nuovo e qualcuno che lo impersoni, desiderano una guida politica, un campione
nel quale riconoscersi, che lotti per loro, contro i profittatori, gli incapaci
o i capaci solamente di spartirsi appalti di lavori e forniture. Hanno visto il
nuovo inNoiConSalvini e nel Movimento5Stelle che i sondaggi danno
per certo al ballottaggio. Se i salviniani uscissero di scena avrebbero via
libera, forse anche al primo turno.
E,
poi, c’è un problema nazionale. Il Centrodestra è alla ricerca di un nuovo
leader. Al momento si vede solamente Matteo Salvini. Berlusconi lo sa e cerca di
metterlo in difficoltà per frenare l’esodo da ForzaItalia verso il
segretario della Lega Nord che sempre più appare come una guida di statura
nazionale. E Roma, in questa strategia, è fondamentale.
10
marzo 2016
Scenari
su cui riflettere a Roma e Napoli
Crisi
delle primarie, crisi della politica e
delle idee
di Salvatore
Sfrecola
È
evidente il disagio dei partiti, soprattutto dei partiti che hanno governato di
recente e che governano tuttora, di fronte alla assoluta insufficienza della
gestione degli enti locali, ovunque. Per cui nei dibattiti televisivi che, con
il concorso di giornalisti e politologi cercano di analizzare il voto, emerge
chiarissima l’assenza di programmi che non siano delle generiche espressioni di
fiducia nel futuro e nella buona volontà del candidato e della sua squadra. In
realtà come quella di Roma, assolutamente ingovernata e difficilmente
governabile i partiti che avessero voluto vincere avrebbero dovuto mettere in
campo una personalità forte, capace di trascinare l’elettorato, di recuperare
sull’assenteismo e di proporre alla città delle formule adeguate di gestione,
non generiche ma specifiche. Questo non avviene perché nella politica ormai si
cerca di navigare a vista, per evitare di dispiacere qualcuno e in questo modo
non si accontentano quelli che potrebbero formare una maggioranza sicura e
forte. In questo contesto è evidente che assume un ruolo determinante
l’opposizione che manifesta il Movimento Cinque Stelle che unisce a molte
critiche poche, ma concrete indicazioni sul da farsi, tanto che tutti ritengono
che un posto sicuro al ballottaggio lo conquisterà Virginia Raggi, il giovane
avvocato, con una esperienza di consigliere comunale, che il Movimento ha messo
in campo, con buone possibilità di conquistare la più alta poltrona del
Campidoglio.
Lo
scenario che si prospetta è quindi quello di una competizione per entrare in
ballottaggio fra il Partito Democratico, la Sinistra oggi impersonata da
Fassina, domani forse da Bray, l’ex ministro per i beni e le attività culturali
molto vicino al Massimo D’Alema, e il Centrodestra nel quale manifesta
particolare vivacità il gruppo di NoiConSalvini che ha messo un po’ in
difficoltà Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, che indubbiamente avrebbe
potuto aspirare a giocarsi in proprio la finale per il Campidoglio. A questo
punto perde efficacia anche il tentativo di Berlusconi di attribuire una qualche
credibilità alla candidatura di Bertolaso, al di là di quella che appare come
una manovra verosimilmente diretta a dividere il centrodestra per aiutare Renzi
in una realtà difficilissima per il segretario del PD e Presidente del
Consiglio.
A
questo punto si può dire che la competizione è aperta e che se
ilCentrodestra troverà il candidato giusto, capace, come si dice, di
scaldare i cuori e di presentare un programma ed una squadra credibili, potrebbe
arrivare al ballottaggio con buone possibilità di competere con la
rappresentante deiCinqueStelle per la poltrona di sindaco di
Roma.
Vedremo
come si sviluppa la campagna elettorale, nel corso della quale si potranno
cogliere elementi importanti per un pronostico più attendibile di quello che si
può fare oggi quando peraltro possiamo dire che comunque i partiti trascurano
ancora una volta l’esigenza che il sindaco della capitale d’Italia debba essere
una grande personalità come accade all’estero. L’esempio è sempre quello di
Chirac che da Presidente del Consiglio ha ricoperto per oltre 15 anni la carica
di Sindaco di Parigi.
D’altra
parte la difficoltà di gestire una comunità locale, lo si vede a Roma come a
Milano, dove Centrodestra e Centro-Sinistra mettono in campo due
manager e non due politici, come si sarebbe atteso, dimostra due cose, che in
molti manca il coraggio di misurarsi su una realtà particolarmente complessa
come quella di gestire grandi città con gravi difficoltà di bilancio incapaci di
soddisfare le molteplici esigenze della popolazione locale, e che i partiti non
abbiano saputo far crescere una classe dirigente locale capace di acquisire sul
posto consensi e le esperienze necessarie, com’era una volta, per ricercare poi
maggiori responsabilità politiche e amministrative, in Parlamento e al governo
del Paese. È questo un degrado grave della politica, che è anche conseguenza, a
mio modo di vedere, di quella crisi delle ideologie che troppi hanno ritenuto un
passaggio fondamentale e positivo ma che, in realtà, è un fatto che nasconde una
grave, anzi gravissima, crisi di idee.
La
politica deve tornare a governare la realtà delle comunità a livello locale e
nazionale, deve tornare ad essere una cosa bella, importante e nobile, come
nobile è il compito di gestire le esigenze della cittadinanza in una prospettiva
di miglioramento delle condizioni economiche e sociali della popolazione. È
questa, in realtà, la sfida che oggi i partiti hanno di fronte. Chi riuscirà a
vincerla o anche solo a prospettare un rinnovamento della politica avrà
certamente l’attenzione degli italiani, di quelli che votano e dei tanti,
troppi, che restano fuori dei seggi elettorali, un fatto negativo che non può
essere giustificato dai politologi con la circostanza che anche in altri paesi
la presenza alle urne è scarsa e spesso tende a diminuire. Anche lì
evidentemente c’è una crisi della politica e delle idee della politica. Non
sono, dunque, esempi da seguire.
7
marzo 2016
Dopo
le primarie di NoiConSalvini
Centrodestra:
avanti in ordine sparso
di Salvatore
Sfrecola
NoiConSalvini cresce
dopo le primarie del 27 e 28 febbraio. 15.000 votanti non sono pochi, in un fine
settimana di pioggia, a tratti torrenziale, e vento forte, ed una domenica con
blocco della circolazione.
Il
sondaggio, infatti, è stato certamente un successo, che ha rivelato una
significativa attenzione per il leader leghista in una Roma che generosamente ha
dimenticato le vecchie polemiche di Bossi contro “Roma ladrona” comprendendone
le ragioni politiche, la delusione della politica governativa (in questo senso
Roma) da parte degli abitanti delle regioni più produttive. Ed è stato
certamente merito del senatore Gian Marco Centinaio, commissario per Roma e il
Lazio di NoiConSalvini, e dei suoi collaboratori, aver fatto convergere
in poco tempo l’attenzione di tanti romani su questo evento che ha assicurato ai
banchetti ed ai gazebo distribuiti per la città una significativa affluenza,
come ha potuto constatare chi è stato presente ed ha parlato con coloro che si
sono avvicinati ai seggi, giovani e meno giovani.
Il
risultato della votazione, invece, ad una analisi politica più approfondita,
desta perplessità e conferma la tradizionale italica abitudine a dividersi. A
destra come a sinistra dove, per la verità le divisioni sono state nel tempo
ancora più frequenti e ancora oggi di attualità, come sa bene Matteo Renzi
costretto a gestire il malessere di una fronda interna, radicata sul territorio,
mentre si va delineando alla sua sinistra una significativa presenza alla quale
certamente non mancherà un buon consenso. Fassina, si sente dire, rastrella
voti.
La
frammentazione rivelata dall’esito dello scrutinio è stata immediatamente colta
da Matteo Salvini, a riprova che nell’elettorato di destra vi è uno sbandamento
molto probabilmente agevolato dalla circostanza che Giorgia Meloni, la quale
nella capitale ha un notevole seguito, ha dovuto rinunciare alla candidatura a
sindaco in ragione di comprensibili, importanti esigenze familiari, la
gravidanza annunciata al Family Day, poco compatibile con una campagna
elettorale particolarmente impegnativa.
La
rinuncia della Meloni ha agevolato la candidatura Marchini e quella della
Pivetti. La prima conferma lo sbandamento presente a destra. “Arfio”, come
viene chiamato a Roma l’ingegnere Alfio Marchini, ha sempre navigato sotto le
ali protettrici della sinistra romana, anche a trascurare che la sua famiglia è
stata negli anni definita dei “palazzinari rossi”, per cui non si comprende
questa attenzione di parte del popolo di centrodestra se non per una prima
indicazione di Berlusconi, da sempre attratto da figure di carattere
imprenditoriale delle quali trascura sistematicamente la fragilità politica e
personale, che pure avrebbe dovuto imparare a proprie spese. E forse anche
dall’aspetto di “giovin signore” che "Arfio" ha cercato di
accreditare.
La
figura della Pivetti, spuntata all’improvviso, è quella di una personalità
certamente rimarchevole, colta, vicina al mondo cattolico che a Roma conta
sempre molto, abile nei dibattiti televisivi, determinata. Ma anch’essa estranea
al centrodestra capitolino.
La
modesta performance di Guido Bertolaso conferma la sua estraneità al
mondo del centrodestra e il non gradimento dei romani per un personaggio la cui
efficienza è costata molti milioni di euro ai contribuenti. Considerato che
Bertolaso non ha alcuna possibilità di essere eletto, la sua candidatura è
evidentemente strumentale, come ho detto in apertura, nell’ottica di un aiuto a
Renzi. Uno scambio per cosa? Il vecchio leader è veramente l’alfa e l’omega del
Centrodestra, lo ha creato ed è pronto a distruggerlo. La politica non c’entra,
è solo una questione di affari.
Troppi
galli a cantare a destra ed a sinistra faranno il gioco del Movimento Cinque
Stelle, che anche nella fase conclusiva della gestione Marino ha dimostrato
molta determinazione, così conquistando molta visibilità.
La
frammentazione del voto sottolinea, inoltre, la diversa provenienza ed
esperienza politica dei candidati che hanno avuto voti nelle primarie del 27 e
28 febbraio. Infatti non si tratta di personaggi riconducibili a varie anime di
un partito politico ma di persone che o non hanno mai militato in partiti, come
Bertolaso, o sono lontani anni luce dalla storia delle destra romana, come
Marchini e la Pivetti. Questo deve aver preoccupato Salvini perché è indice di
una varietà di orientamenti nell’elettorato che può rivelarsi estremamente
dannosa al momento del voto, in quanto potrebbe favorire l’astensionismo e, in
qualche modo, limitare il numero dei consensi a favore del candidato sindaco. E
c’è da chiedersi perché il centrodestra che, secondo ogni sondaggio, a Roma come
nel Paese intero, gode di ampi consensi, non riesca ad individuare una
personalità politica capace di rappresentare un mondo variegato ma certamente
unito da valori determinanti, una personalità che non abbia scheletri negli
armadi, che abbia la capacità di esporre con chiarezza e determinazione le idee
per le quali chiede il consenso e che sia individuato dall’opinione pubblica di
centrodestra come il campione al quale affidare con fiducia le sorti della
competizione.
Non
c’è dubbio che questo variegato e composito mondo di professionisti, impiegati,
artigiani, imprenditori sia stato tenuto lontano dalla politica dai
comportamenti di Silvio Berlusconi il quale ha riordinato il centrodestra
all’inizio degli anni 90, lo ha portato al governo con una maggioranza come non
se ne ricordano altre della storia della Repubblica italiana, ma composta di
gente arruolata sulla base di valori non propriamente politici, come la giovane
età e la gradevolezza, quasi sempre senza alcuna esperienza politica e
professionale e, ciò che è più grave, spesso senza la capacità di farsene una
sui banchi di Montecitorio e di Palazzo Madama. Ciò ha impedito al Governo di
acquisire quel forte consenso nell’elettorato necessario per avviare le riforme
delle quali l’Italia aveva ed ha bisogno. Nel quinquennio 2001 - 2006 quella
maggioranza ha perduto più occasioni per essere protagonista di una svolta che
il Paese auspicava per uscire da quella morta gora nella quale l’aveva tenuta la
sinistra dei Prodi dei D’Alema degli Amato. Quella sinistra che Matteo Renzi si
è proposto di rottamare senza però offrire al Paese, al di là di slogan e
battute di spirito, una alternativa istituzionale e di governo efficace, come
dimostra l’estrema modestia delle decisioni cosiddette riformatrici finora
assunte, al di fuori di una visione d’insieme, incapace di far leva sulle
risorse disponibili attraverso un’autentica revisione della spesa che non siano
tagli indiscriminati e illogici fatti qua e là per recuperare qualche risorsa da
distribuire a destra e manca più che altro a scopo
elettorale.
In
questo contesto di generale confusione dove i leader politici cercano consensi
parlando alla pancia dell’elettorato di riferimento, la destra liberale è in
condizione di svolgere un ruolo importante perché presente nel Paese a tutti i
livelli con personalità di rilevante spessore morale e professionale. Su questo
patrimonio naturale i leader del centrodestra devono puntare, evitando le
ripicche, le scelte non meditate, soprattutto avendo la capacità di svolgere
un’azione di contrasto al governo in carica senza
compromessi.
Il
Paese ha di fronte un momento difficile sul piano economico dacché i risultati
dello zero virgola, registrati dall’ISTAT, ottimisticamente interpretati, non
sono sufficienti a realizzare condizioni significative di sviluppo, mentre i
venti di guerra che soffiano sull’altra sponda del Mediterraneo fanno temere
complicazioni non indifferenti sotto il profilo della sicurezza per il nostro
Paese e costi rilevanti in termini umani e finanziari. L’ipotesi di intervenire
militarmente in un paese che ben conosciamo, nel quale non è mai esistito uno
Stato centrale, essendo retto da un dittatore che con la forza ha condizionato
gli interessi e l’azione delle varie tribù, rende difficile la pacificazione
della Libia, come dimostra l’impossibilità ad oggi di dar vita ad un governo che
sia espressione di una parte significativa delle popolazioni e dei territori. E
se è certo che un paese non si pacifica senza truppe di terra è evidente che un
conflitto sul territorio, pur condotto con la maggiore prudenza possibile,
limitando l’esposizione degli uomini al fuoco avversario con utilizzazione in
gran numero di mezzi blindati, aerei ed elicotteri comporterà comunque vittime
che gli italiani non sono abituati a metabolizzare, come dimostra l’esperienza
delle operazioni di pace che finora hanno comunque comportato morti per ognuno
dei quali solo in Italia si fanno funerali di Stato, proprio a dimostrazione del
fatto che non siamo un popolo guerriero e che ogni morte determina un grave choc
nella popolazione, al di là del naturale dolore di parenti ed
amici.
6
marzo 2016
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