... quello, a Roma, della "nascita" dell'Associazione Giuristi di Amministrazione.
Eventi come questo, sono una bella notizia per la Cultura - nella sua accezione generale - e di conforto per noi Cittadini: non tutto è perduto, in questa nostra bella Patria, e attività come quella di cui potrete leggere qui di seguito rappresentano una forte volontà di "fare", mettendo a disposizione della Comunità risorse di alto profilo e di significativo spessore professionale.
Buona lettura!
Roma, 17 Dicembre 2014 Giuseppe Bellantonio
_____________________________________
Per
sottolineare il ruolo del giurista nella pubblica
amministrazione
Nasce
l’Associazione Giuristi di Amministrazione
di Salvatore
Sfrecola
Nei
giorni scorsi, dinanzi al Notaio romano Adolfo De Rienzi, con un gruppo di
amici, magistrati, docenti universitari, avvocati, funzionari, abbiamo
costituito in Roma l’Associazione Giuristi di Amministrazione che ha già
un profilo Twitter e Facebook, mentre a giorni entrerà in rete un sito Web.
L’idea è antica. Ne parlavo già nel 1998 su Italia Oggi, nel pieno di una
polemica che, come Presidente dell’Associazione Magistrati della Corte dei
conti, mi vedeva protagonista, in contraddittorio con quanti sostenevano
all’esterno e all’interno della magistratura contabile che fosse necessario
arruolare economisti, difendendo il ruolo del giurista nella pubblica
amministrazione. Più esattamente la sua centralità nel perseguimento delle
politiche pubbliche.
Ricordo
questo dibattito emblematico di un modo di intendere l’organizzazione e
l’attività delle Pubbliche Amministrazioni.
I
sostenitori del magistrato contabile “economista” ritenevano che il controllo
delle gestioni pubbliche, affidato alla Corte dei conti, in particolare nella
forma della verifica dei risultati sotto il profilo dell’economicità efficienza
ed efficacia, dovesse necessariamente prevedere una professionalità non
solamente giuridica. Ciò, in particolare, in relazione alla presunta
inadeguatezza degli insegnamenti impartiti nel Corso di laurea in
giurisprudenza, trascurando che le contabilità nell’ambito pubblico sono
giuridiche e che, in ogni caso, l’ordine degli studi prevede discipline come il
diritto finanziario e la scienza delle finanze che ben predispongono
all’approfondimento della contabilità generale dello Stato, di quel diritto
contabile pubblico che Michael Sciascia chiama “Diritto delle gestioni
pubbliche”. D’altra parte proprio l’esperienza della Sezione di controllo sugli
enti della Corte dei conti dimostra che giuristi hanno messo a punto parametri
di controllo sulla gestione che hanno fatto scuola anche in sede
scientifica.
In
sostanza l’impostazione economicistica è frutto di un falso problema. Il
magistrato della Corte dei conti applica regole giuridiche, sia quando giudica
sui conti o sulle responsabilità sia quando verifica l’adeguatezza delle
gestioni alle regole contenute nelle leggi finanziarie, oggi “di stabilità”, in
relazione a vincoli giuridici contenuti nel “patto di
stabilità”.
Tuttavia
la tesi del magistrato “economista” riemerge di tanto in tanto nei
dibattiti.
Ne
era convinto l’allora Ministro della funzione pubblica, Franco Bassanini, che
pure è un giurista, professore di diritto costituzionale, il quale era stato
sollecitato in tal senso anche da ambienti interni alla Corte. Conseguentemente
è stata prevista la possibilità per i laureati in economia di partecipare ai
concorsi per l’accesso alla magistratura contabile. In quel contesto c’era chi
sosteneva che l’ingresso di economisti non avrebbe inciso sulla natura giuridica
attuale della Corte. Si diceva, da parte di costoro, che i laureati in economia
sarebbero stati assegnati alle funzioni di controllo, i giuristi alle Procure e
alle Sezioni giurisdizionali. Senza pensare che questa sarebbe stata
l’anticamera della separazione delle carriere e anche delle funzioni, tanto che
la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali avrebbe assunto proprio
questo indirizzo: controllo senza verifica della legalità intestato alla Corte
dei conti e giurisdizione di responsabilità per danno erariale attribuita al
Giudice amministrativo senza Pubblico Ministero. Un pasticcio, da incompetenti,
considerato che la cointestazione delle funzioni (controllo e giurisdizione) è
scelta tradizionale del legislatore italiano fin dalla legge istitutiva della
Corte dei conti (legge n. 800 del 1862) invidiata in Europa dove si vorrebbe
attribuire alla Corte dei conti dell’Unione, che è solamente organo di
controllo, anche funzioni giurisdizionali per perseguire sprechi e illeciti in
danno delle finanze comunitarie. Infatti i magistrati della Corte dei conti che
in vari momenti della carriera esercitano funzioni di controllo e
giurisdizionali (requirenti e giudicanti) arricchiscono la loro preparazione
professionale proprio in questa variegata esperienza.
Mettendo
fine alla riforma Bassanini, un emendamento dell’onorevole Franco Frattini
confermò l’obbligo della laurea in giurisprudenza, con la precisazione che
coloro che avessero “altresì” la laurea in economia avrebbero avuto una riserva
del 20% dei posti messi a concorso. Rivendico ad un mio suggerimento questa
norma della quale sono orgoglioso perché costituisce un giusto equilibrio senza
che sia alterata l’unitarietà delle funzioni di controllo e giurisdizione della
Corte dei conti e la sua natura magistratuale.
Riandando
a quella battaglia di principi, in un contesto più ampio la
nuovaAssociazione risponde ad una realtà non confutabile: la centralità
del ruolo del giurista nella Pubblica Amministrazione. Nel senso che nelle sue
variegate attribuzioni l’Amministrazione è chiamata ad adottare provvedimenti
che attengono a materie di carattere scientifico: economico, medico, fisico,
chimico e via dicendo. Basti pensare alle regole del patto di stabilità, che
rinvengono la loro genesi nell’esigenza di preservare equilibri di bilancio
funzionali a mantenere l’Italia tra le nazioni “virtuose”, alla prescrittibilità
dei farmaci, ai limiti dell’inquinamento dell’aria e delle acque, tutti definiti
da tecnici e consegnati in mano al giurista che, in relazione alle indicazioni
fornite dalla competente istanza scientifica, deve definire gli elementi
fondamentali della normativa con riguardo anche alle sanzioni e alle regole che
riguardano il procedimento di applicazione delle stesse, a tutela della comunità
nel suo complesso, delle persone e delle imprese. Norme, dunque, che devono
essere funzionali allo scopo, cioè al risultato che ci si attende. Non solo. Non
basta stabilire una regola, occorre anche che la stessa sia applicabile in forme
e tempi che non ne vanifichino lo scopo. Ancora, in questi settori emergono
esigenze di valutazione preventiva e di controllo sempre molto importanti. Tutti
compiti del giurista che non deve tradire ovviamente la norma né le finalità
scientifiche e sono alla sua base.
Insomma,
il giurista ha un ruolo essenziale nella Pubblica Amministrazione, un ruolo
delicato perché sia assicurato quel buon andamento che è anche esso principio
giuridico ai sensi dell’art. 97 della Costituzione. Il giurista che deve
interpretare l’istanza scientifica tecnica e renderla effettiva in ossequio alle
esigenze di cui lo Stato si dà carico, qualunque sia la realtà della quale ci
occupiamo.
Convinti,
dunque, del ruolo centrale del giurista nella P.A. abbiamo costituito
questa Associazione che si prefigge di studiare e di formare,
partecipando al dibattito sulle regole con il mondo scientifico e con le
autorità pubbliche, con il Governo e il Parlamento, alla riforma degli
ordinamenti e delle procedure. Nella speranza che si comprenda che la riforma
non deve essere necessariamente globale ma mirata a singoli comparti o settori
come a determinate procedure. Con l’avvertenza che l’adeguamento deve essere
conseguenza di un monitoraggio permanente delle sentenze dei giudici e del
dibattito scientifico, elementi dai quali si traggono valutazioni di ciò che è e
di ciò che dovrebbe essere e che vorremmo che fosse.
Con
questa metodica non dovremmo attendere anni per modificare ciò che può essere
rapidamente emendato, senza inutili aggravi, disagi e inefficienze che
propongono agli occhi delle persone e delle imprese e dell’intera comunità
nazionale l’immagine di una pubblica amministrazione lontana dalla realtà e,
pertanto, additata al discredito dei cittadini. Ciò che ha l’effetti di inoltre
allontanare i migliori professionisti dall’impiego pubblico diversamente da
quanto avviene nei paesi di più antica tradizione amministrativa, dalla Francia
alla Germania, dal Regno Unito alla Spagna. Anche l’Italia ha avuto periodi nei
quali l’Amministrazione pubblica ha goduto di prestigio e di efficienza agli
occhi della classe politica e dell’opinione pubblica.
Ci
proponiamo di concorrere a ricostruire questa bella immagine del nostro
Stato.
16
dicembre 2014
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