21 Giugno, la giornata più lunga
dell’anno ma anche la notte più breve.
Solstizio d'Estate di questo anno 2014.
Giornata prossima alla celebrazione del San Giovanni Battista, ma anche contigua alla celebrazione eucaristica che Papa Francesco presiederà sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano, a Roma, per il Corpus Domini.
Intense, intensissime energie, che si fondono pur nella diversità del sentire individuale, della diversità di carismi, di spessore dei significati pur se simbolicamente attribuiti.
Energie, vibrazioni, che dalla Terra salgono al Cielo e da questo ridiscendono in modo concentrato e quindi rafforzato per penetrare nella profondità dell'animo umano, prediligendo chi già è in vibrante sintonia spirituale, ideale e cerebrale, con l'Uno ed in armonia con il Tutto.
Le maggiori ricorrenze dei Popoli - e quindi anche le forme/espressioni religiose da essi prescelte - trovano molto, molto spesso radici comuni, antichissime; radici che, purtroppo, non sono note a tutti: perché, altrimenti, gli esseri umani sarebbero più consapevoli della loro unicità, e forse sarebbero più attenti alle forti ma silenti esigenze dello spirito piuttosto che non sempre più attaccati ad un secolarismo che si sta dimostrando solo apparentemente progressista, ma che in realtà è distruttivo di valori e propagatore di materialismo.
E credo che mai come in questa fascia temporale, a ridosso della fine del XX° secolo e in questi primi anni del XXI° secolo, il disordine, l'indisciplina e l'insofferenza, il rifiuto delle regole, la confusione e le guerre, stiano segnando profondamente la vita di tanti, troppi, Popoli.
E credo che mai come in questa fascia temporale, a ridosso della fine del XX° secolo e in questi primi anni del XXI° secolo, il disordine, l'indisciplina e l'insofferenza, il rifiuto delle regole, la confusione e le guerre, stiano segnando profondamente la vita di tanti, troppi, Popoli.
Ecco allora che, ai miei Lettori, desidero proporre non le usuali considerazioni riservate in chiave simbolico-esoterica al Solstizio d'Estate - "sol stat" dicevano gli antichi latini, ossia "il sole sta", "il sole è/sta fermo" -; non i richiami di ancestrale memoria alle danze intorno ai fuochi, per allontanare le paure del cuore e della mente saltando attraverso le fiamme o inebriandosi di danze, vino e suoni emozionali; non le citazioni dei costumi delle varie Terre, o i richiami agli usi rituali di antichissime civiltà; oggi desidero proporre - per gentile concessione dell'Autore - un articolo scritto qualche anno fa per un'importante testata nazionale dal giornalista e uomo di cultura Giampiero Cannella.
In quest'articolo, trovano posto interrogativi e riflessioni che gravitano intorno al mistero di Castel del Monte ed alla stessa figura di Federico II°, lo Svevo, lo Stupor Mundi: un personaggio affascinante il cui studio riserva sempre sorprese.
Buona lettura, quindi, e che questo momento solstiziale doni a tutti Luce, Calore, Energia.
Nel segno della Pace e dell'Amore universali; quelli che permeano la Nuova Armonia Universale, che è oggi il cuore della mia personale ricerca, ricca dei contenuti tutti già da me espressi qualche tempo fa nell'aderire alla costituzione della Confraternita Federiciana.
Roma, 21 Giugno 2014 h. 12,51
Giuseppe Bellantonio
Giuseppe Bellantonio
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CASTEL DEL MONTE
Otto lati e otto torri
ottagonali.
Un prisma di pietra isolato, costruito su di un colle
della Murgia pugliese là dove la logica lo negherebbe, affascina da
quasi ottocento anni viaggiatori e studiosi.
Dal 1240, data di inizio
della sua costruzione, Castel del Monte resta muto testimone della
sua storia e geloso custode dei suoi misteri.
Residenza per il ristoro e
la rappresentanza di Federico II al pari dei "solatia"
normanni di Palermo, castello destinato ad ultima dimora dello Stupor
mundi, avveniristico tempio di una
religiosità laica incarnata dall'imperatore svevo.
Le tesi, anche le
più fantasiose, si rincorrono e si sovrappongono da secoli. Ma il
fascino austero e misterioso dell'opera fortemente voluta
dall'Hohenstaufen resiste all'usura del tempo. Ed è sulla sua
enigmatica struttura geometrica, "sulla assoluta razionalità
costruttiva e concettuale dell'edificio e quella che pare, e per
molti versi è, la sua inutilità sul piano pratico e funzionale"
che si interroga lo storico Franco Cardini nel suo "Castel del
Monte" (edizioni il Mulino).
Costruito in
circa sei anni a pochi chilometri da Andria, posto a 540 metri sul
livello del mare, l'imponente castello ottagonale sembra non avere un
perché.
Il sito non rappresenta un nodo strategico tale da
giustificare la presenza di una costruzione peraltro del tutto
sprovvista di fossato o mura esterne, strutture difensive tipiche
delle fortezze medievali.
Federico II, inoltre, nonostante avesse
commissionato il palazzo, disegnando forse egli stesso la pianta, non
lo vide mai.
Non si hanno storicamente tracce, infatti, di passaggi
dell'Imperatore da Castel del Monte, tranne che nel 1240, anno di
inizio dei lavori, in cui vi fece tappa per qualche giorno.
A
suscitare le perplessità di alcuni studiosi su di una destinazione
residenziale del castello, tra l'altro, l'assenza di ambienti di
servizio al suo interno. Certo è che anche visivamente la pianta
ottagonale del palazzo al cui interno si apre un cortile della stessa
forma, forse in passato parzialmente occupato da una vasca anch'essa
di otto lati, e le sedici stanze disposte su due piani, qualche
dubbio sulla sua abitabilità lo generano. Anche se, ipotizza
Cardini, non si può escludere a priori la presenza, all'esterno
dell'edificio, di strutture destinate ad ospitare cucine, scuderie e
personale di servizio.
Eppure
l'aura magica che circonda Castel del Monte non si dirada con le
spiegazioni razionali. La sua pianta rimanda a significati simbolici
ed esoterici che affondano nell'immaginario arcano dell'Europa del
primo millennio.
D'altronde è la controversa e per certi versi
ancora misteriosa personalità di Federico, "campione" del
Sacro Romano Impero e "Sultano battezzato" a permeare le
pietre, le sale, gli spazi del castello.
I più
arditi, spiega lo storico nel suo libro, hanno paragonato la
costruzione pugliese alle piramidi, alle cattedrali di Francia, alla
Cupola della Roccia, al Taj Mahal, al Tempio del Cielo di Pechino, ai
resti del grande osservatorio astronomico di Samarcanda.
Pur senza
indugiare in voli di fantasia, non si può negare che il simbolismo è
presente in ogni dettaglio strutturale del castello. A cominciare dal
dedalo di disimpegni e percorsi obbligati per accedere alle sue sale.
Un disegno labirintico che ricalca quello della cattedrale di Reims,
anch'esso ottagonale, e di altre grandi cattedrali medievali.
Un'allegoria, "simbolo del pellegrinaggio a Gerusalemme - scrive
Cardini - e del cammino dell'umana vita che, se percorso alla luce
della fede non poteva indurre in errore".
Ma sempre all'interno
delle sale trapezoidali sui capitelli, sulle volte delle ripide scale
a chiocciola delle torri, figure antropomorfe, "mostri" di
pietra, immagini grottesche e inquietanti tra le quali spiccherebbe,
azzardano alcune scuole di pensiero, l'immagine di Baphomet, la
segreta divinità del sincretismo templare alle cui fascinazioni lo
Svevo non fu insensibile.
Ad
alimentare le ipotesi più suggestive su Castel del Monte però è il
numero-base della sua forma, della sua pianta: l'otto.
L'otto rappresenta per
tutti i popoli antichi una cifra carica di significati simbolici:
archetipo dei misteri cosmico-astrologici o della vita stessa. Dalla
civiltà cristiana a quella araba, la presenza del numero è sempre
stata associata al "ponte" tra l'immanente e il
trascendente, passepartout per il soprannaturale.
In quanto somma dei
tre numeri-cardine 1, 3, e 4 indicanti l'Unità, la Trinità e la
Materia (fatta dai quattro elementi empedoclei: fuoco, aria, acqua e
terra) rappresenta "il numero complessivo dell'universo e del
rapporto tra Dio e il Creato", ci ricorda Cardini.
Esso
simboleggia inoltre la Resurrezione di Cristo, in quanto unione,
secondo i Padri della Chiesa, dei sette giorni della Creazione con
l'ottavo, quello appunto dell'ascesa al Cielo del Figlio di Dio che
può essere anche interpretata come compimento di un percorso
iniziatico di Salvezza, (da qui la forma architettonica ottagonali
dei battisteri del Medio Evo).
E ancora, l'otto nasce
dall'intersezione di due figure geometriche-simboliche, il cerchio e
il quadrato, immagini rispettivamente della perfezione divina e di
quella umana e quindi, per trasposizione, simbolo del Cristo come Dio
fatto Uomo.
Il numero "magico", inoltre si riscontra nella
rosa dei venti, che ha otto punte ad indicare le direzioni cardinali
della Terra; otto erano le figure divine primordiali secondo i
sacerdoti egizi di Che-menu; otto sono i raggi della ruota al centro
dei quali siede il Buddha; otto volte otto, cioè sessantaquattro,
sono gli esagrammi dello I-Ching.
I
sostenitori della tesi secondo la quale il castello sarebbe in realtà
un tempio iniziatico voluto dal "Sultano battezzato" come
omaggio sincretistico all'incontro tra l'Islam e il Cristianesimo,
fanno notare che il palazzo delle Murgie ha la stessa struttura del
Templum Domini, cioè la Cupola della Roccia moschea del Califfo Umar
costruita in prossimità del Tempio di Salomone.
Un luogo, questo,
effettivamente visitato da Federico II nel 1229 e che, raccontano le
cronache dell'epoca, destò molto interesse nello Svevo.
Altri hanno
chiamato in causa il Mandala (in sanscrito "cerchio"),
immagine di origine indo-buddhista dai molteplici significati. La
figura rappresenta un quadrato con un cerchio al centro e otto raggi
rivolti verso i quattro punti cardinali e le posizioni intermedie.
Nella civiltà orientale i Mandala servono alla meditazione e al
raggiungimento della serenità e dell'equilibrio interiore: nel caso
dell'Imperatore essi potrebbero alludere all'equilibrio necessario
per governare un regno con giustizia.
E' curioso notare, inoltre, che
un anello dalla forme analoghe a quelle mandaliche, fu trovato al
dito dello Stupor mundi
nel 1782, in occasione della prima ricognizione nel sarcofago che a
Palermo contiene le spoglie dell'Hohenstaufen. Il frate Rosario
Gregorio, scrupoloso testimone dell'epoca, racconta e descrive un
gioiello formato da otto petali attorno a uno smeraldo centrale.
Ottagonale,
comunque, è anche la pianta della Cappella palatina di Aquisgrana,
fatta costruire da Carlo Magno e luogo cult dell'Impero,
dove lo stesso Federico fu incoronato, e otto lati ha la Reichskrone,
l'unica corona con questa forma esistente al mondo, deposta sul capo
del nonno dello Svevo, Federico I Barbarossa.
Tutte
analogie che rimandano certamente ad un principio comune. Ma Franco
Cardini nel suo "Castel del Monte" non si lascia
coinvolgere dalla facile tentazione di cercare spiegazioni fantasiose
o irrazionali a tutti gli interrogativi.
La costruzione pugliese,
insomma, secondo lo storico del Medio Evo, potrebbe essere il
monumento alla "sacralità" dell'Imperatore.
La posizione
stessa di quella che sarebbe la sala del trono, con la sua
esposizione ad Est, lascia immaginare lo Stupor
mundi illuminato dalla luce del sole che
nasce di fronte a lui come "il Cristo delle cattedrali
splendente sull'altare".
Se a ciò si somma il significato del
numero otto come simbolo della Resurrezione del Nazzareno, si ha una
percezione immediata della figura del Sovrano come Vicario di Cristo,
Pontefice nel senso classico di "ponte" tra il sensibile e
l'ultra-sensibile.
E per
concludere, un altro singolare aspetto.
Narrano gli storici
dell'epoca, che Federico II in vita fosse stato accompagnato da una
profezia forse rivelatagli dall'amico astrologo e alchimista Michele
Scoto. "Morirai sub flore" diceva l'oracolo che rivelava
l'anno e il luogo della morte dello Svevo.
In effetti Federico
terminerà i suoi giorni a Castel Fiorentino nel 1250 (1+2+5+0=8).
E
la somma delle facciate del palazzo delle Murgie, comprese le otto
torri ottagonali, fa 56, esattamente gli anni di vita
dell'Imperatore.
Una coincidenza.
Forse.
Giampiero Cannella
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