Sul sito del periodico on-line "Un Sogno Italiano" (www.unsognoitaliano.it) - attento nel seguire le vicende sociali e politiche italiane - è stato pubblicato l'articolo che i miei Lettori potranno leggere attraverso queste pagine. Ho desiderato proporlo alla loro c.a. poiché ritengo che i contenuti siano di rilievo, così consentendo di avere una visione ancora più significativa della situazione italiana odierna.
Grazie per la cortese attenzione!
------------------------------------------------------inizia
Dopo
il confronto con Renzi sulla legge elettorale e
le riforme costituzionali
Il
Cavaliere torna in sella
di Senator
Mal
consigliato dai cosiddetti “falchi”, da Verdini a Fitto, dalla Santanché alla
Biancofiore, Silvio Berlusconi aveva chiuso la sua esperienza parlamentare nella
presente legislatura nel peggiore dei modi. Con un comizio dei più squalidi,
dinanzi a poche centinaia di fan trasportati soprattutto dal meridione sotto le
finestre della sua abitazione in via dei Prefetti, dinanzi a Palazzo Grazioli.
Mentre in Senato si decideva sulla sua decadenza a seguito della sentenza della
Cassazione.
È
stata una caduta di stile, che non aveva caratterizzato l’uscita di scena del
suo amico Bettino Craxi, il quale in una storica seduta della Camera dei
deputati si era assunto tutte le responsabilità della politica malata e
corrotta, illegalmente finanziata da imprenditori privati ed enti pubblici
venuti meno al loro compito di bene amministrare le sostanze degli
italiani.
Tutto
improperi verso la parte politica che aveva accelerato la sua decadenza, tutto
insulti alla magistratura il Cavaliere aveva dato agli italiani un’immagine
molto diversa da quella del politico che nel 1994 era “sceso in campo” per
salvare l’Italia dei moderati e dei liberali dal comunismo, anche se tutti
sapevano che, in realtà, quella scelta “politica” mirava soprattutto a salvare
le proprie aziende indebitate per circa cinquemila miliardi di lire, come
scrivevano i giornali-
Quel
“Presidente imprenditore”, nel quale avevano riposto fiducia milioni di italiani
da sempre ostili alla sinistra, comunista o meno, ha poi governato o
condizionato la politica per quasi venti anni nei quali la sua immagine si è
progressivamente logorata, come dimostra la perdita di ben sei milioni di voti
nelle elezioni di febbraio, fino a quella squallida esibizione in cui ha confuso
problemi personali e politici, come, del resto, sempre aveva fatto in
precedenza, spesso in modo più convincente.
Molti
si affrettarono quel giorno a cantare il de profundis del leader della
destra dimostrando di non comprendere che, in ogni caso, quell’ex parlamentare,
espulso dal Senato, manteneva comunque il controllo di una parte consistente
dell’elettorato, uno schieramento con il quale Matteo Renzi, realista
interlocutore della politica, non avrebbe potuto fare a meno di confrontarsi se
avesse voluto portare a compimento quel programma con il quale aveva prevalso
nelle primarie del Partito Democratico riscuotendo consensi anche a
destra.
Così
è stato. E ieri nella sede del PD in via del Nazareno a Roma i due si
sono incontrati. Significativo il modo. Berlusconi che va da Renzi e lo incontra
nella sede nazionale del Partito in un colloquio di circa due ore per parlare di
legge elettorale e di riforme costituzionali, un tempo che dimostra come gli
esperti dei due partiti si fossero già sentiti ed avessero raggiunto una intesa
di massima. In due ore, infatti, non si possono esaminare norme e regole del
voto, né le materie costituzionali oggetto del colloquio sono di quelle per le
quali basta un riassuntino per delinearne la portata. Perché la legge elettorale
ha molteplici implicazioni sulla composizione del Parlamento e sulla
governabilità del Paese, mentre la riforma del Senato e, soprattutto, la
revisione della riforma del Titolo Quinto della Seconda Parte della Costituzione
che dal 2001 pesano sulla vita istituzionale per i guasti nei rapporti stato
regioni e tra le regioni di cui è testimonianza il rilevante contenzioso che
grava sulla Corte costituzionale.
La
larga condivisione della quale parlano oggi i giornali, sulla base delle
dichiarazioni dei due protagonisti, non deve, tuttavia far ritenere che il più
sia fatto, che non si nascondano insidie in prosieguo di tempo. Un po’ come
accadde ai tempi della Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema, quando sembrò
che Berlusconi aderisse alla riforma delineata nelle varie relazioni. Allora mi
chiedevo, ed ebbi ragione, perché mai Berlusconi avrebbe dovuto concedere al
leader postcomunista la palma del successo nella riforma della Costituzione. Ed
ebbi ragione perché all’ultimo il leader di Forza Italia si tirò
indietro. E la Bicamerale produsse solo volumi di atti e documenti, come le
altre Commissioni che l’avevano preceduta.
Cosa
cambia oggi? È ancora possibile che Berlusconi, all’atto della realizzazione del
progetto, si metta di traverso?
In
teoria no. Perché oggi Berlusconi sembra aver timore delle elezioni, anche se, a
volte, dice di volerle. Forza Italia è ancora in attesa di una leadership certa
e condivisa per cui al Cavaliere può convenire di essere fedele alla parola data
ieri per rinviare le elezioni al 2015, quando sarà riorganizzato il partito e
consolidata la squadra.
A
Renzi, invece, converrebbe andare al voto per il rinnovo delle Camere, insieme
alle elezioni europee, una scadenza che il leader del PD deve guardare
con qualche timore perché potrebbero avere un esito se non negativo non proprio
esaltante, tale da offuscarne l’immagine.
Insomma
un Berlusconi portato ad attendere per rafforzarsi ed un Renzi interessato a
battere i tempi per sfruttare il suo successo alle primarie e
l’indubbioappeal che riscuote oggi con il suo piglio
decisionista.
Una
partita a poker tra i due nella quale non tutte le carte sono nelle mani dei
giocatori, tra chi bleffa e chi è pronto a calarle sul tavolo per vedere quelle
che ha l’avversario. Una partita tutta da giocare,
insomma.
Intanto
il Cavaliere torna in sella, nel senso che riprende una veste istituzionale,
quella che non avrebbe dovuto dismettere quel giorno di novembre mentre il
Senato votava la sua decadenza. In quella occasione è prevalsa l’emotività. O
forse era necessaria per tenere il suo elettorato. Che certo avrà apprezzato
ieri il senso istituzionale del leader dell’opposizione disponibile a discutere
di riforme per consolidare il bipartitismo.
19
gennaio 2014
-----------------------------------------------------------finisce
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